“Basta celebrazioni ipocrite su Capaci”

Il consigliere del Csm Ardita: "Falcone subì le stesse critiche che oggi si contestano ai magistrati più esposti". Di Matteo: "Alle vittime dobbiamo memoria e verità"

“Dobbiamo essere coerenti e non ipocriti ricordando Falcone. Quella di Giovanni Falcone fu una storia di solitudine, di sconfitte, di tradimenti subiti dentro e fuori la magistratura. Dovette difendersi dal Csm. Venne isolato, calunniato, accusato di costruire teoremi, mentre svelava i rapporti tra cosa nostra ed il potere. Gli venne contestato protagonismo, presenza sui media, di collaborare col governo, non fu eletto al csm. Subì le stesse critiche che oggi si contestano ai magistrati più esposti”. ha ricordato il consigliere del Csm Sebastiano Ardita nel suo intervento al plenum in ricordo della strage di Capaci.
“Dovremmo fare in modo che, se rinascesse, Falcone non si ritrovasse in quelle stesse condizioni. Ma ho motivo di temere che oggi, con la gerarchia del nuovo ordinamento, Falcone non potrebbe neppure essere quello che è stato. Questo dobbiamo dire e fare, se vogliamo rimanere distanti dall’ipocrisia di certe commemorazioni ufficiali, alle quali oramai alcuni di noi preferiscono non andare più”, ha concluso il togato di Autonomia e Indipendenza.
A sua volta, nel discorso per la commemorazione della strage di Capaci il consigliere Nino Di Matteo, ex pm antimafia, sottolinea: “Tra pochi giorni ricorrerà il ventottesimo anniversario della strage di Capaci. Del sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro. A loro, che hanno perduto la loro vita per gli ideali di libertà e giustizia ai quali avevano improntato tutta la loro esistenza, dobbiamo il rispetto della memoria e della verità. Non sterili, e spesso finte, celebrazioni di facile retorica ma memoria e verità”.
“Memoria significa anche – ha proseguito Di Matteo – conoscenza e consapevolezza di un dato di fatto incontestabile: Giovanni Falcone, prima di essere ucciso dal tritolo mafioso, venne più volte delegittimato, umiliato e così di fatto isolato anche da una parte rilevante della magistratura e del Consiglio superiore. E questo in ragione non solo di meschini sentimenti di invidia ma, ancor di più, di patologiche trame di potere connesse a fenomeni ancora attuali di collateralismo politico e di evidente degenerazione del sistema correntizio. Anche per questo, oggi quest’istituzione consiliare deve finalmente reagire, dimostrarsi in grado di sapersi mettere per sempre alle spalle pagine oscure, anche recenti, della sua storia”.
Di Matteo ha esortato a mantenere “memoria e verità”. “La verità – sottolinea Di Matteo – è quella che è faticosamente emersa dalla storia dei processi celebratisi a Caltanissetta e a Palermo; quella che ha consentito di individuare i profili di molti dei responsabili mafiosi dell’attentato di Capaci”. A suo avviso, “è proprio da quegli atti processuali, dal lavoro di valorosi colleghi e coraggiosi investigatori, che emerge la necessità di proseguire in quel percorso di verità. Senza cedere alla tentazione dell’oblio, della rimozione, del timore delle conseguenze di quella ricerca. Lo Stato, le Istituzioni, il Consiglio Superiore e tutta la Magistratura lo devono a Giovanni Falcone e a tutti coloro che non hanno avuto paura di morire”.
 

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