Cento ristoratori scrivono al premier: “Troppa confusione, così non apriamo”

La lettera al governo parte da Siracusa: "Mascherine e tavoli a 2 metri? Non siamo una fabbrica"

SIRACUSA – Cento titolari di attività di ristorazione della provincia di Siracusa hanno scritto una lettera al governo nazionale per spiegare che è preferibile restare chiusi piuttosto che aprire con pochi tavoli e separarli con l’utilizzo di plexiglass.
“Mascherine e tavoli a 2 metri hanno il solo scopo di confondere ancora di più le nostre giornate che stanno andando avanti senza un vostro aiuto – si legge – Se le soluzione per riaprire al pubblico sono quella finora trapelate, ribadiamo il concetto: noi rimaniamo chiusi. Non siamo una fabbrica. Il nostro lavoro è basato sul piacere, sulla socialità”.
I ristoratori che invitano ad un confronto con le associazioni di categoria, evidenziano che per riaprire bisogna fare i conti con “il costo del personale, per l’Iva, per Irap, per l’Irpef, per l’Imu, per la Tari, per la Tasi, per il suolo pubblico. Vogliamo fare il nostro lavoro. Vogliamo farlo nelle condizioni dignitose per farle: economiche e sociali”.
“Oppure non apriamo – aggiungono – Non paghiamo nessuna tassa. Noi fino ad oggi, abbiamo sempre mantenuto le nostre responsabilità. Vuole che tutti apriamo e che poi nessuno sia in grado di pagare, oppure vuole che apriamo e che tutti paghino il “giusto”?”.

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