Coronavirus, i casi in Sicilia sono 115. A Caltanissetta il secondo morto

La moglie: "Aveva rifiutato il ricovero"

Un biologo 58enne con problemi respiratori deceduto nell'ospedale Sant'Elia. L'assessore Razza: "Imporre obbligo di quarantena a chi arriva dal Nord". In Italia superate le mille vittime. Pogliese elogia la "grande consapevolezza" di Catania (VIDEO), viaggio tra chi resta al lavoro (VIDEO). A Palermo positivi otto carabinieri

Aperti solo negozi di prima necessità: il testo integrale del decreto

Dall’inizio dei controlli, i laboratori regionali di riferimento (Policlinici di Palermo e Catania) hanno analizzato 1.477 tamponi, di cui 1.223 negativi e 139 in attesa dei risultati. Al momento, quindi, sono stati trasmessi all’Istituto superiore di sanità 115 campioni (32 più di ieri).

Risultano ricoverati 33 pazienti (nove a Palermo, tredici a Catania, quattro a Messina, uno a Caltanissetta, tre ad Agrigento, uno a Enna e due a Trapani) di cui cinque in terapia intensiva, mentre 78 sono in isolamento domiciliare, due sono guariti e due deceduti.
Questo il quadro riepilogativo della situazione nell’Isola, aggiornato alle ore 12 di oggi (giovedì 12 marzo), in merito all’emergenza coronavirus, così come comunicato dalla Regione Siciliana all’Unità di crisi nazionale.

SECONDO MORTO IN SICILIA: AVEVA RIFIUTATO IL RICOVERO. Dopo l’anziano di 80 anni di Sortino, un altro morto in Sicilia per coronavirus. Un biologo di 58 anni dipendente dell’Asp di Caltanissetta è deceduto ieri, per insufficienza cardiorespiratoria, all’ospedale Sant’Elia della città nissena. Il paziente era giunto nel nosocomio in ambulanza, in uno stato molto critico, con gravi difficoltà respiratorie, riferendo uno stato febbrile presente già da diversi giorni. Sono stati così effettuati immediatamente una Tac, che ha mostrato una polmonite interstiziale in fase avanzata e il tampone per il coronavirus, successivamente risultato positivo. È stato, quindi, intubato e posto in isolamento. Dopo qualche ora è morto. In via precauzionale sono state avviate tutte le procedure previste dal protocollo: isolamento dei contatti stretti, sanificazione dei percorsi e della struttura in cui il paziente lavorava.
L’uomo aveva cominciato a stare male una settimana fa. Era stato lui stesso, il giorno prima, a rifiutare il ricovero in ospedale nonostante le insistenze dei sanitari. Una decisione che si è rivelata fatale. A raccontare quanto accaduto è la moglie dell’uomo, anche lei biologa, che in queste ore, insieme alla figlia, sta vivendo oltre al dramma della perdita del marito anche la paura e la preoccupazione di un eventuale contagio. Il dipendente dell’Asp ha cominciato ad accusare i primi sintomi della malattia il 4 marzo scorso e da quel giorno non è più uscito di casa per andare al lavoro.
“Mercoledì mio marito ha cominciato ad avere febbre e dolori diffusi – racconta la donna – ha pensato di essersi preso un’influenza, anche perché era stato in campagna a fare alcuni lavori e aveva preso freddo. Il giorno dopo ha contattato telefonicamente il medico di famiglia che gli ha prescritto un antibiotico e del cortisone ma non ha avuto alcun miglioramento. Anzi, nonostante la terapia, le sue condizioni sono peggiorate”. A questo punto viene chiesto l’intervento della guardia medica: “Lunedì scorso, munito dei dispositivi di sicurezza – prosegue la donna -, è venuto in casa un medico che ha prescritto il rocefin. Il giorno dopo, non vedendo alcun miglioramento, io stessa ho telefonato al medico di famiglia riferendo che mio marito cominciava ad avere anche problemi respiratori. Ma lui ci ha detto di aspettare che la terapia facesse effetto”.
Con il passare delle ore la situazione continua a peggiorare e in famiglia comincia a serpeggiare la paura, anche perché il governo ha intanto esteso a tutto il paese le misure di sicurezza previste per le “zone rosse”. “Martedì abbiamo telefonato al 118 – ricostruisce la donna – ci ha risposto una operatrice competente e professionale che, sulla base dei sintomi riferiti, ha subito consigliato il ricovero in ospedale. Mio marito invece ha detto al telefono di voler rifiutare il ricovero, preferendo fidarsi del medico di famiglia. Un errore imperdonabile”.
Ieri le cose precipitano, l’uomo ha la febbre alta e respira affannosamente. La moglie decide di rompere gli indugi e chiama il 118. Quando giunge in ospedale il suo quadro clinico è ormai gravemente compromesso: la Tac conferma una polmonite interstiziale, il paziente viene intubato e posto in isolamento in attesa dell’esito del tampone. Ma ormai è troppo tardi, muore un paio d’ore dopo il ricovero. La moglie adesso non riesce a darsi pace: “Dovevo convincerlo a farsi ricoverare – continua a ripetere – dovevo dare ascolto a quella operatrice….”. La donna si stringe accanto alla figlia che proprio due giorni fa era tornata a casa da Firenze, dove vive con il fratello, e si era autodenunciata mettendosi in isolamento. “Ho letto sui social tante notizie false, come quella che avevamo partecipato a una festa – spiega – e invece abbiamo rispettato tutti i protocolli, non ci siamo mossi da casa. Mio marito – sottolinea – non aveva mai avuto problemi di salute. E’ bastata solo una settimana al virus per stroncarlo”.
IN ITALIA 2.249 MALATI IN PIU’, SUPERATE LE MILLE VITTIME. Sono 12.839 i malati di coronavirus in Italia, 2.249 in più di ieri, mentre il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 15.113. Il dato è stato fornito dal commissario per l’emergenza Angelo Borrelli nella conferenza stampa odierna alla Protezione Civile. Ammontano a 1.258 le persone guarite, 213 in più di ieri. Superate le mille vittime: ad oggi sono 1.016 i decessi, 189 in più rispetto a ieri. Si trovano in terapia intensiva 1.153 pazienti, 125 in più rispetto a ieri.
Dai dati della Protezione Civile emerge che sono 6.896 i malati in Lombardia (1.133 in più di ieri), 1.758 in Emilia Romagna (+170), 1.297 in Veneto (+357), 554 in Piemonte (+74), 570 nelle Marche (+109), 352 in Toscana (+38), 172 nel Lazio (+47), 174 in Campania (+25), 243 in Liguria (+62), 148 in Friuli Venezia Giulia (+38), 111 in Sicilia (+30), 98 in Puglia (+27), 102 in Trentino (+28), 78 in Abruzzo (+41), 62 in Umbria (+18), 16 in Molise (+0), 39 in Sardegna (+2), 26 in Valle d’Aosta (+7), 32 in Calabria (+15), 103 in Alto Adige (+28), 8 in Basilicata (+0). Quanto alle vittime, se ne registrano: 744 in Lombardia (+127), 146 in Emilia Romagna, (+33), 32 in Veneto (+3), 26 in Piemonte (+5), 22 nelle Marche (+4), 5 in Toscana (+4), 11 in Liguria (+3), una in Campania (+0), 9 Lazio (+3), 8 in Friuli Venezia Giulia (+2), 5 in Puglia (+0), 2 in Abruzzo (+1), uno in Valle d’Aosta (+0). I tamponi complessivi sono 86.011, quasi 60mila dei quali in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
RAZZA: “IMPORRE QUARANTENA PER ARRIVI”. Secondo i dati illustrati dall’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, intervenuto alla trasmissione Agorà di Raitre, sono oltre 20 mila le persone rientrate in Sicilia che si sono iscritte alla piattaforma online della Regione e che sono state informate sui comportamenti da tenere. Sono oltre 8.000 quelle arrivate dalla Lombardia e di questi 6.000 dalla provincia di Milano. Quasi il 50% dei registrati ha un’età compresa tra i 20 e i 30 anni.
“Quando il presidente Nello Musumeci ha chiesto a tutti coloro che rientrano in Sicilia di restare a casa – ha aggiunto Razza – lo ha fatto soprattutto perché questo enorme afflusso di persone, fatto di tanti ragazzi, non devono andare in giro, ma restare a casa. Chi si è registrato ha dimostrato la volontà di rispettare le regole, ma avuto anche accesso, prima di entrare sulla pagina per la registrazione, a tutte le informazioni fondamentali sui comportamenti che oggi fanno la differenza”.
“Ci vuole una indicazione molto forte per una permanenza a casa, soprattutto di tutti i giovani. Nel decreto del presidente del consiglio dei ministri sono state date delle indicazioni, non è espresso con adeguata chiarezza quanto sia importante soprattutto da chi viene da altre regioni che sia sottoposto non a una quarantena volontaria, ma obbligatoria. Oggi c’è un mestiere che tutti dobbiamo svolgere: è quello di cittadino”.

POGLIESE: “IN CITTA’ ATTEGGIAMENTO DI GRANDE CONSAPEVOLEZZA”. Il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci ha tenuto una video conferenza col presidente dell’Anci Leoluca Orlando, i sindaci delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, i commissari straordinari dei 6 liberi Consorzi Comunali, l’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza e il dirigente generale della Protezione Civile per valutare l’esame di nuovi provvedimenti e misure di contrasto alla diffusione del virus.
A conclusione della video conferenza, il sindaco di Catania Salvo Pogliese ha registrato un breve messaggio video nel quale conferma “importanti novità in arrivo da parte del governo centrale con riferimento al sostegno alle famiglie, ai lavoratori e alle imprese. Sono sinceramente soddisfatto per come Catania sta vivendo questa fase. C’è un atteggiamento di grande consapevolezza”

PALERMO, OTTO CARABINIERI POSITIVI. Otto ufficiali dei carabinieri alla guida dei reparti di Palermo sono risultati positivi al coronavirus. Lo conferma all’Ansa il comandante provinciale, generale Arturo Guarino, anche lui risultato positivo che si trova in questo momento in auto isolamento nella propria abitazione come tutti gli altri commilitoni. I controlli sono stati effettuati dopo che due carabinieri in servizio a Palermo erano risultati positivi.
Tutti gli otto ufficiali e i due carabinieri risultati positivi stanno bene e si trovano a casa in auto isolamento, così come i loro familiari. L’attività del comando provinciale di Palermo sta proseguendo regolarmente. I responsabili del comando provinciale si erano riuniti in caserma per un briefing sull’emergenza coronavirus il 6 marzo scorso. Lo stesso giorno si era svolto in prefettura anche un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza al quale avevano partecipato i vertici degli uffici giudiziari e delle forze dell’ordine, compresi alcuni degli ufficiali poi risultati positivi. Nelle prossime ore saranno effettuati i tamponi a tutti coloro i quali hanno lavorato a stretto contatto con i carabinieri che si trovano adesso in quarantena.

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