Palermo, giro di mazzette al Comune: pentito scoperchia il comitato d’affari

Pratiche edilizie manipolate in cambio di soldi e favori: travolta la maggioranza che sostiene il sindaco Orlando, in manette il capogruppo del Pd Giovanni Lo Cascio e quello di Italia Viva Sandro Terrani. Altri 5 arresti tra funzionari, imprenditori e professionisti: I NOMI - VIDEO

PALERMO – Un comitato di affari fatto da consiglieri comunali, funzionari del Comune, professionisti e imprenditori avrebbe gestito irregolarmente pratiche edilizie. Emerge dall’inchiesta della Procura di Palermo che ha portato agli arresti domiciliari per due consiglieri comunali, due dirigenti del Comune, due imprenditori e un architetto.
Sono in corso dall’alba perquisizioni di carabinieri e finanzieri in casa dei sette. Gli inquirenti perquisiranno poi gli uffici dell’edilizia privata al Comune di Palermo nel polo di via Ausonia. L’inchiesta travolge la maggioranza che sostiene il sindaco Leoluca Orlando, alla vigilia dell’ufficializzazione delle nomine dei due nuovi assessori, Sergio Marino ed Emilio Arcuri.
GLI ARRESTATI. I sette sono accusati, a vario titolo, di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione e falso ideologico in atto pubblico. I consiglieri comunali arrestati sono Sandro Terrani, 51 anni, di Italia Viva, membro della Commissione Bilancio, e Giovanni Lo Cascio, 50 anni, del Pd, presidente della Commissione Urbanistica, lavori pubblici, edilizia privata.
Ai domiciliari anche i funzionari comunali Mario Li Castri, 56 anni, ex dirigente dell’Area Tecnica della Riqualificazione Urbana, e Giuseppe Monteleone, 59 anni, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive, l’architetto Fabio Seminerio, 57 anni, e gli imprenditori Giovanni Lupo, 77 anni, di San Giovanni Gemini, e Francesco La Corte, 47 anni, di Ribera, amministratori della ditta edile “Biocasa” s.r.l. All’architetto Agostino Minnuto, 60 anni, di Alia, è stato notificato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

LE RIVELAZIONI DEL PENTITO. A svelare ai magistrati di Palermo il comitato d’affari al Comune tra consiglieri comunali, dirigenti, professionisti e imprenditori è stato il pentito Filippo Bisconti, imprenditore edile arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa il 4 dicembre 2018 nell’inchiesta Cupola 2.0 e ritenuto a capo del mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno.
L’ex boss ha raccontato agli inquirenti circostanze e dinamiche interne agli uffici tecnici comunali, riferendo in particolare gli interessi coltivati per anni dai dirigenti comunali Li Castri e Monteleone e da un architetto.
“Una volta con Fabio Seminerio stavamo andando a Baida assieme e passando di là, parlo un 3 anni fa, qualcosa del genere, andavamo a Baida, io ero con lo scooter, passando di là dico ‘bel cantiere qua, mi piacerebbe costruire qua’. E Fabio Seminerio mi disse ‘levaci manu, ca c’è a cu c’interessa’… Già c’è un certo accordo, ora deve costruire un’altra persona”.
Così Bisconti seppe degli interessi dell’architetto Seminerio sull’edificazione di una ex zona industriale. Il progetto, che doveva passare per una modifica del piano regolatore generale, sarebbe stato pilotato dal comitato d’affari.
LE INDAGINI. Dall’indagine è venuto fuori che nel 2016, l’architetto Fabio Seminerio, oggi arrestato, presentò – per conto di numerosi imprenditori – tre progetti per la lottizzazione di aree industriali dismesse del Comune di Palermo (via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo) e per la realizzazione di 350 unità abitative di edilizia sociale residenziale convenzionata.
Per derogare al piano regolatore generale, condizione necessaria per effettuare i lavori, era necessario che il Consiglio comunale attestasse il pubblico interesse delle iniziative. L’istruttoria sulle proposte di deliberazione fu curata da Mario Li Castri, all’epoca a capo dell’Area Tecnica del Comune, anche lui arrestato, che, in evidente situazione di incompatibilità, essendo stato socio in affari di Seminerio, rilasciò parere favorevole anche in mancanza di alcuni requisiti di ammissibilità in materia di edilizia convenzionata.
In cambio, dagli imprenditori Francesco La Corte e Giovanni Lupo, interessati all’approvazione dei piani, avrebbe ottenuto la promessa di assegnare a Seminerio la direzione dei lavori. L’architetto avrebbe girato poi a Li Castri una parte dei profitti incassati a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio comunale delle tre proposte di deliberazione.
Al buon esito dell’affare avrebbe partecipato anche Giuseppe Monteleone, ex dirigente dello Sportello Unico Attività Produttive, che avrebbe curato la delibera relativa all’ex area industriale di via San Lorenzo.
I consiglieri comunali arrestati Sandro Terrani e Giovanni Lo Cascio, poi, in cambio di regali, si sarebbero mossi per velocizzare la calendarizzazione e l’approvazione delle tre proposte di costruzione in deroga al piano regolatore. Il 7 novembre 2019 il Consiglio comunale espresse comunque parere contrario alle proposte.
In un altro episodio Li Castri, sempre nel suo ruolo di dirigente comunale, avrebbe accordato una variante a una concessione edilizia della ditta dei due imprenditori, la “Biocasa”, consentendo di aumentare le unità abitative da realizzarsi da 72 a 96. Il progetto era stato redatto anche in questo caso dal suo ex socio in affari Seminerio, a cui fu assegnato l’incarico di direttore dei lavori.
Monteleone, ex dirigente dell’Area Tecnica, avrebbe curato anche alcune pratiche di concessione edilizia presentate dalla “Biocasa” per la realizzazione di un ulteriore complesso immobiliare sempre a Palermo, avallando varianti in aumento per consentire la realizzazione di un maggior numero di unità abitative (da 96 sarebbero arrivate a 133).
In cambio, gli imprenditori avrebbero garantito una mazzetta di 15 mila euro. I due costruttori poi avrebbero dato a una strettissima amica di Monteleone diversi incarichi professionali, facendole incassare grosse somme di denaro.
LE INTERCETTAZIONI. In una conversazione telefonica avvenuta il 17 gennaio 2019, l’allora assessore comunale Emilio Arcuri si diceva contrario a firmare gli atti relativi alla modifica del Piano regolatore generale che avrebbe consentito l’edificazione a scopi abitativi di alcune ex aree industriali. Arcuri allora era vicesindaco e doveva firmare le proposte deliberative proponendone l’adozione al Consiglio Comunale.
“Sono atti che ho firmato pure io… col mal di pancia”, dice al telefono facendo capire che avrebbe preferito un diverso utilizzo della aree oggetto dei progetti. “Perché dico: – prosegue – Io unn’avissi fattu manco questi! Però, voglio dire, le pensate al riuso di quegli spazi piuttosto che immaginarli come aree edificabili”. A indurre poi Arcuri a firmare era stato Mario Li Castri che lo aveva convinto giustificando l’atto amministrativo con il risparmio di cubatura.
IL GIP: “INQUIETANTE CONTESTO CRIMONOSO”. “L’inquietante contesto criminoso induce a ritenere del tutto ineludibile una sollecita applicazione di adeguate misure cautelari nei confronti degli indagati – scrive il gip Michele Guarnotta nell’ordinanza -. Gli accertamenti svolti hanno ampiamente dimostrato come per gli indagati la corruzione altro non sia che un vero e proprio habitus mentale che ne connota l’agire quotidiano”.
“I pubblici ufficiali coinvolti nell’indagine – scrive – hanno palesato in modo inequivoco la propria infedeltà agli apparati pubblici in cui si trovano incardinati, interpretando i rispettivi munera quali appetibili beni da mettere sul mercato onde conseguire continui vantaggi indebiti. Contestualmente, i costruttori e i professionisti coinvolti nella vicenda parrebbero pacificamente vedere nella corruzione una sorta di costo necessario dei rispettivi lavori, stabilmente preso in considerazione al fine di acquistare gli indebiti favori di pubblici ufficiali che possano coadiuvarli nella realizzazione dei rispettivi obiettivi economici”.
“Ciò che maggiormente colpisce – conclude il gip – è la naturalezza con cui i protagonisti della vicenda addivengono a continui e reiterati accordi corruttivi, vedendo nello strumento illecito un passaggio obbligato per il compiuto svolgimento delle rispettive attività professionali”.
PREFETTURA SOSPENDE CONSIGLIERI. La prefettura di Palermo ha subito sospeso Lo Cascio e Terrani. Anche il Pd ha sospeso Lo Cascio. “Ho appreso con sconcerto la notizia del provvedimento cautelare, avvenuto stamattina, nei confronti di Giovanni Lo Cascio, consigliere comunale del Partito Democratico a Palermo”, dichiara il commissario regionale del Partito democratico siciliano Alberto Losacco. “La magistratura faccia il suo corso, avrà sempre il pieno sostegno del Partito democratico. È necessario accertare eventuali reati e responsabilità” conclude Losacco.
DUE DEGLI INDAGATI GIA’ CONDANNATI IN PASSATO. Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone, ex dirigenti del Comune di Palermo, tra gli arrestati per corruzione, nel marzo 2018 erano stati condannati a due anni, in primo grado, insieme ad altre 19 persone (funzionari comunali, tecnici, imprenditori e un notaio), per la lottizzazione abusiva di via Miseno (dove entrambi risultano residenti e dove 12 villette sono state confiscate dalla magistratura), nella borgata marinara di Mondello.
Sulla vicenda, spiega l’avvocato di Li Castri, Marcello Montalbano, “è in corso il processo d’appello, anche per quanto riguarda la confisca. La lottizzazione – aggiunge – non riguarda l’attività di pubblico funzionario di Li Castri”. La terza sezione penale, allora presieduto da Marina Petruzzella, trasmise gli atti alla Procura per nuove indagini sui casi emersi in dibattimento e rimasti fuori dal processo. Poco prima della sentenza di primo grado Li Castri era stato nominato dall’amministrazione comunale nel Cda dell’Amg Gas.
Nell’agosto 2015, quando Li Castri era già stato rinviato a giudizio, fu comunque nominato dirigente comunale. Al processo il Comune si costituì parte civile per aver subito un “danno d’immagine” e gli fu riconosciuta una provvisionale di 500 mila euro.
Secondo il pm Francesco Gualtieri, titolare dell’accusa nel processo di primo grado, per costruire le villette era necessario che il Consiglio comunale approvasse un piano particolareggiato, passaggio che non avvenne. Come si evince dall’ordinanza emessa oggi dal Gip Michele Guarnotta, tre degli indagati (Li Castri, Monteleone e Fabio Seminerio) risultano residenti in via Miseno.

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