Catania, il commercio soffre ancora

Il report di Assoesercenti: continua il trend negativo per edilizia, commercio e trasporti, dati positivi solo da turismo e informatica. Tutti i numeri

CATANIA – Le piccole e medie imprese di Catania cominciano a respirare. Secondo il report di Assoesercenti concluso il 16 dicembre 2019 a livello provinciale si contano 103.468 imprese registrate, di cui 80.836 attive con 857 unità in più rispetto al 2018 con un aumento pari allo 0,83%. Tra il 1° gennaio ed il 16 dicembre 2019, infatti, in Camera di Commercio si sono contate 6.034 iscrizioni di nuove imprese, laddove invece le cessazioni sono state 5.177. Il saldo per il periodo di rifermento del 2019, quindi, è in positivo di 857 unità.
Tra i settori che guidano l’imprenditoria della provincia catanese vi è sicuramente il commercio, che chiude l’anno 2019 con un saldo negativo, poiché a fronte di 1.372 nuove imprese iscritte vi sono 1968 cessazioni. Analoga situazione in città dove le imprese del settore commercio chiudono con un saldo negativo di -205.
Altro settore di particolare rilevo è quello del turismo che in provincia chiude con saldo negativo tra imprese nuove iscritte e cancellazione nell’arco dell’anno. Catania città chiude con un saldo di +23, avendo 168 nuove imprese iscritte. Unico settore davvero in controtendenza è quello informatico, che chiude con saldo positivo sia in città che in provincia, che vede quest’ultima la nascita di 146 nuove imprese a fronte di 131 cancellazioni.
In linea con lo scorso anno, i settori dell’industria e dei trasporti che confermano anche per l’anno 2019 il trend negativo. Discorso a parte per il settore dell’edilizia che nel territorio provinciale vede aumentare in maniera esponenziale (+32%) il numero delle imprese cessate laddove, invece, le nuove imprese sono in numero pressoché simile a quelle del 2018. Un dato, che se paragonato a quello della città di Catania, che seppur negativo è in lieve miglioramento rispetto al precedente anno, evidenzia come nel territorio provinciale il comparto edilizio stia vivendo una vera e propria crisi.
MENO IMPRESE INDIVIDUALI In provincia così come in città, a svettare sono senza ombra di dubbio le imprese individuali, le quali vanno ben oltre la metà del totale, rappresentando rispettivamente il 53% ed il 61% dello stock complessivo. Il loro numero totale, però, è in sensibile calo, mostrando una flessione di 329 unità nell’intera provincia e di 74 unità solo nella città catanese, rispetto ai dati del 2018. Risulta invece in crescita il numero delle società di capitale che, rispetto a dicembre 2018, sono aumentate di ben 1.351 unità in provincia; un incremento del 5,3% che conferma il rafforzamento strutturale del sistema imprenditoriale catanese (le società di capitale sono infatti le forme d’impresa maggiormente organizzate).
Al contrario, risulta in decrescita il numero delle società di persone (con una riduzione di 164 unità in provincia (-90 a Catania città) rispetto all’anno precedente. Esplorando i dati da altri punti di vista si scopre che le imprese artigiane, al 30 settembre 2019, erano in tutto 16.568, coprendo circa il 16% del tessuto imprenditoriale. Le imprese artigiane maggiormente presenti sono quelle dell’edilizia e del manifatturiero che, insieme, rappresentano più del 52,5% delle imprese artigiane della provincia di Catania.
CATANIA VIVA E ATTIVA. “Un mondo imprenditoriale, quello catanese, vivo e attivo, composto da miglia di micro, piccole e medie imprese che, continuano ad essere l’asse portante dell’economia della nostra città – commenta il Direttore di Assoesercenti Catania Salvo Politino – Un elemento fortemente legato al territorio di appartenenza, su cui storicamente si fonda il nostro tessuto imprenditoriale. Sono imprese ed imprenditori che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare sfide formidabili, compiendo enormi sacrifici. Ma sempre animati da un legame forte con il loro lavoro ed il nostro territorio. Piccole e piccolissime imprese che sono state capaci di continuare a svolgere il proprio ruolo nei centri minori, dove spesso rappresentavano l’unica presenza imprenditoriale, ma anche nella città e nei territori”.
“Nel 2019 hanno chiuso a Catania e Provincia ogni giorno oltre 15 piccole imprese, di cui 6 del settore commercio. Una vera e propria strage, dovuta ad una crisi che ha colpito con maggiore durezza la domanda interna, punto di riferimento per gran parte delle PMI, che si sono trovate schiacciate tra un mercato interno in stallo e l’aumento del prelievo fiscale, tra il crollo del credito e l’incremento del peso di adempimenti inutili e costosi”.
BUROCRAZIA E POLITICA. “L’Italia è indiscutibilmente un Paese di piccole e medie imprese, che però troppo spesso per la politica restano invisibili. Ancora peggio: quando tornano ad essere visibili, è per provvedimenti che non le aiutano. Per non parlare del peso della burocrazia, che costa alle imprese circa 6 miliardi di euro ogni anno. Ed anche sul fronte del credito, esiste un’evidente barriera: ogni la disponibilità di credito per le PMI di commercio e turismo si riduce di decine di miliardi di euro. Ma non è tutto. Non solo le micro, piccole e medie imprese hanno maggiori difficoltà di accesso al credito, ma lo pagano anche circa il 2,5% in più. Le PMI devono tornare al centro dell’agenda di politica economica. Serve una riforma che riduca sensibilmente la pressione fiscale sui cittadini e su tutte le imprese, di qualsiasi dimensione esse siano e che introduca la detraibilità delle spese per l’adeguamento alle nuove normative”.
“L’incidenza del peso delle tasse sulle PMI supera il 61%. In media, le sole imposte locali costano alle PMI oltre 11mila euro l’anno. In questo Paese il problema non è solo che si pagano troppe tasse, ma che è difficoltoso e costoso adempiere a questo dovere. Occorre potenziare e snellire gli strumenti che riescano a ridare credito al sistema delle imprese e facciano da moltiplicatore della politica monetaria della BCE. Ma deve essere messo in atto anche un riequilibrio tra i soggetti destinatari degli interventi del Fondo di Garanzia (Banche e Confidi) agli effetti della politica degli incentivi. L’aspetto del carico amministrativo diviene poi ancora più rilevante nelle situazioni in cui l’innovazione tecnologica determina nuove modalità di fornitura del servizio. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’e-commerce. Le imprese si ritrovano così da una parte a subire gli effetti dell’eccesso di burocrazia, dall’altra a risentire della concorrenza di soggetti che non sono tenuti a rispettare la stessa normativa. E’ necessario istituire un sostegno alle nuove imprese per traghettarle verso il consolidamento, aumentandone il tasso di sopravvivenza, attraverso un piano di riduzione delle imposte per i primi anni di vita”.
“Abbiamo di fronte un percorso complesso – conclude il Direttore Politino – ma al quale non possiamo rinunciare. Siamo convinti che queste proposte, se implementate, potrebbero dare un impulso significativo alle micro, piccole e medie imprese e all’economia italiana tutta”.

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