“Ho sbagliato, ho sbagliato tutto”

La deputata eletta con la lista LeU interrogata per due ore dai pm sul caso del suo collaboratore Antonello Nicosia: "Mi sono fidata di lui"

PALERMO – Arriva al palazzo di giustizia di Palermo alle 4 in punto. Scortata da un carabiniere e da un avvocato, anche se i pm l’hanno convocata come persona informata sui fatti e non è indagata. “L’ho accompagnata per delicatezza”, dice il legale, Giovanni Bruno, un passato di militanza nel Pd siciliano. Dietro la presenza del penalista c’è forse il timore che la posizione della deputata di Italia Viva Giusy Occhionero, possa complicarsi.
E invece dopo due ore e mezza la parlamentare, eletta nelle liste di Leu e passata poi al partito di Renzi, resta, almeno per ora, solo testimone di una vicenda criminale che vede protagonista il suo ex collaboratore, Antonello Nicosia. Fermato ieri col capomafia di Sciacca per associazione mafiosa, Nicosia, esponente dei Radicali Italiani, oltre a pianificare estorsioni e omicidi, entrava nelle carceri con la Occhionero sfruttando il suo status. Dietro al suo impegno per i diritti dei detenuti, dicono i pm, c’era un interesse personale a tenere i rapporti con boss del calibro di Filippo Guttadauro, cognato del latitante Matteo Messina Denaro e veicolare messaggi e informazioni sui carcerati all’esterno. “Ho sbagliato tutto.
Mi sono fidata di lui” ha detto la Occhionero ai pm spiegando di aver conosciuto l’uomo attraverso i Radicali e per le sue battaglie per i carcerati. Che avesse una condanna a 10 anni e sei mesi per traffico di droga non poteva saperlo. “Alla Camera non si fanno controlli, è un colabrodo – ha detto – Perché avrei dovuto farli io?”. E così Nicosia, con tanto di tesserino parlamentare e carta intestata della Camera, per mesi ha lavorato al fianco della deputata.
“Mi sono fidata – ha spiegato la donna – Anche in virtù del nostro rapporto personale”. Poi i primi dubbi sul curriculum, in cui tra l’altro il Radicale sostiene di insegnare storia della mafia negli Usa e la rottura dei rapporti. Al momento la donna resta testimone, dunque. Ma i pm faranno accertamenti sulle modalità di reclutamento della Camera. Di certo c’è che Nicosia parlava e agiva come un uomo d’onore, frequentava abitualmente mafiosi, progettava danneggiamenti. Alla deputata poi non ha mai nascosto le sue simpatie per il boss latitante Matteo Messina Denaro che definiva “il nostro primo ministro”. “Noi preghiamo San Matteo. San Matteo proteggici. Mai contro a San Matteo”, le diceva, non sapendo di essere intercettato.

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