Mazzette all’Anas di Catania: 8 arresti. Il pm: “Lavori fatti in economia”

Seconda tranche dell'operazione "Buche d'oro": coinvolti funzionari e imprenditori corrotti. I NOMI E LE FOTO - VIDEO

CATANIA – La guardia di finanza di Catania hanno arrestato 8 persone (una in carcere e 7 agli arresti domiciliari), tra funzionari dell’Anas dell’area compartimentale etnea e  imprenditori di Palermo, Caltanissetta e Agrigento. Un altro dirigente è stato sospeso dall’esercizio di pubblico ufficio per un anno.

Nei loro confronti il gip ha emesso un provvedimento cautelare che ipotizza reati di corruzione in concorso commessi nell’esecuzione dei lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale e centrale.

L’inchiesta rappresenta il primo sviluppo di una più vasta indagine, denominata ‘Operazione buche d’oro’, che, sottolinea la Procura distrettuale, sta “portando alla luce rodati meccanismi corruttivi” all’interno dell’Anas di Catania. Già il 20 settembre scorso finirono in carcere i geometri Riccardo Carmelo Contino e Giuseppe Panzica, agli arresti domiciliari l’ingegnere Giuseppe Romano.
In carcere è finito il geometra Gaetano Trovato, 54 anni, dipendente Anas, capo Nucleo B del Centro di manutenzione A dell’Area Tecnica Compartimentale, competente alla manutenzione della strada statale 192 della Valle del Dittaino (En) e SS 284 (Occidentale etnea).

Agli arresti domiciliari, invece, Salvatore Truscelli, 56 anni, rappresentante legale della “Truscelli Salvatore srl”, con sede a Caltanissetta; Pietro Matteo Iacuzzo, 50 anni, rappresentante legale della “Isap srl”, con sede a Termini Imerese (Pa); Roberto Priolo, 48 anni, rappresentante legale della “Priolo srl” con sede a Ciminna (Pa); Calogero Pullara, 40 anni, titolare dell’omonima ditta individuale con sede a Favara (Ag).

Interdizione dall’esercizio di pubblico ufficio per la durata di un anno per l’ingegnere Antonino Urso, 39 anni, capo Centro Manutenzione “A” dell’Area Compartimentale Anas di Catania competente alla manutenzione ordinaria e straordinaria della strada statale 121 Catanese, la 575 di Troina, la 192 della Valle del Dittaino, la 284 Occidentale Etnea, la 288 di Aidone (En), la 385 di Palagonia (Ct), la 117 Bis Centrale Sicula, la 417 di Caltagirone (Ct). Urso ha confessato svelando la rete corruttiva nella quale erano coinvolti anche altri funzionari dell’Anas e imprenditori corruttori.
Attraverso intercettazioni ambientali, accertamenti bancari, disamina della documentazione amministrativa è stata tracciata la ricezione di tangenti in denaro da parte dei 5 funzionari infedeli Anas per centinaia di migliaia di euro. Scoperto anche in casa dei pubblici ufficiali denaro contante relativo alle più recenti mazzette incamerate per decine di migliaia di euro.
I pm parlano di “mercimonio e dazione di tangenti” con “illegittimi risparmi di costi consentiti alle imprese” che, in accordo con funzionari Anas compiacenti, “scovavano, tra le pieghe dei capitolati tecnici dei lavori loro affidati, ampi margini di ‘manovra’, individuando le lavorazioni da non effettuare o da realizzare soltanto in parte”.
“I pubblici ufficiali coinvolti – accusa la Procura di Catania – piegavano i loro poteri discrezionali di vigilanza e controllo orientandoli al perseguimento di scopi criminali, in totale dispregio dei rilevanti interessi pubblici in gioco. Il profitto conseguito era pari a circa il 20% dei lavori appaltati e veniva assegnato per un terzo ai dipendenti Anas corrotti e, per la parte restante, restava nelle casse dei corruttori”.
Complessivamente sarebbero state state versate tangenti per circa 93mila euro, e almeno in un caso con consegna di soldi avvolti nella carta stagnola, per chiudere gli occhi sui “lavori svolti in economia”.
Come confermato da funzionari Anas coinvolti, i vantaggi per l’impresa era nella mancata rimozione di parte del manto stradale usurato, dichiarare falsamente di avere messo più strati di asfalto e nel risparmio delle spese di trasporto del materiale in discarica.
E i funzionari dell’Anas collusi certificavano che i lavori erano stati eseguiti a regola d’arte, secondo il capitolato dell’appalto. Così, accusa la Procura di Catania, le ‘buche’ diventavano ‘d’oro’.
I funzionari indagati, osserva il gip, “anziché fare gli interessi dell’amministrazione di appartenenza si preoccupano di favorire le ditte ‘amiche’ stabilmente asservendo in tal modo la loro pubblica funzione agli interessi” delle imprese. Il giudice delle indagini preliminari ricostruisce anche i meccanismi di ‘risparmio dei costi’, che veniva poi ripartito tra imprenditori e dipendenti Anas.
Erano quest’ultimi, ricostruisce il gip, che “consentivano alle ditte di effettuare i lavori appaltati in misura inferiore a quanto dovuto” con “la profondità nella scarificazione, nell’apposizione della guaina d’attacco e nello spessore del manto bituminoso e con minore misura di materiale di conferire in discarica”.
Nel provvedimento sono riportate anche le dichiarazioni “autoaccusatorie ed etero accusatorie” di due funzionari dell’Anas di Catania: gli ingegneri Giuseppe Romano, posto agli arresti domiciliari, e Antonino Urso, sospeso per un anno dai pubblici uffici, che, scrive il gip, hanno rivelato l’esistenza di altri casi che sono adesso al centro di indagini del nucleo Pef della guardia di finanza, coordinate dalla locale Procura distrettuale.

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