Duro colpo agli affari degli ‘stiddari’. “Agivano come uno Stato nello Stato”

Intercettazioni: "Siamo 500, ci mangiamo un paese"

Pizzo, droga e infiltrazioni nell'economia: smantellata cosca gelese dei Di Giacomo. La Procura: "Fermata guerra con 500 uomini armati" (VIDEO). Blitz parallelo a Brescia, colletti bianchi tramite tra mafia e imprenditori: "Cellula distinta da quella siciliana". TUTTI I NOMI

ROMA – Blitz della Polizia contro la ‘stidda’ di Gela: in carcere sono finiti capi, gregari e semplici affiliati della cosca dei Di Giacomo. Secondo gli investigatori, negli ultimi anni il clan avrebbe preso con la violenza e le estorsioni il controllo su buona parte del territorio, gestendo il traffico di droga, infiltrando l’economia legale con imprese di comodo e imponendo i prodotti delle proprie aziende ai commercianti.
Le indagini della Polizia hanno portato alla luce diverse spedizioni punitive compiute dagli ‘stiddari’ e consentito di ricostruire decine di estorsioni nei confronti di quei commercianti e quegli imprenditori che non volevano sottomettersi al volere del clan e che hanno trovato il coraggio di denunciare.
Dalle indagini è emerso che cinquecento uomini armati erano pronti a scatenare una nuova guerra di mafia. Ascoltando centinaia di ore di intercettazioni, gli investigatori hanno accertato che la cosca aveva una potenzialità “militare” costituita, appunto, da 500 persone.

“Cinquecento leoni”, come si chiamavano tra di loro durante le telefonate intercettate, che erano pronti a entrare in azione al primo cenno dei capi. I poliziotti hanno anche ripreso diverse spedizioni punitive alle quali gli stiddari si presentavano armati, danneggiamenti e incendi ai danni di chi si opponeva al potere del clan.
“L’operazione Stella cadente ha per oggetto il rientro a Gela di alcuni soggetti apicali della Stidda – ha detto il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone -. Fortissima la loro capacità di penetrazione nel tessuto sociale ma anche economico. Un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni e tentate estorsioni. Ma anche una serie di intestazioni fittizie dei beni e attività di riciclaggio”. “Agli stiddari – ha sottolineato il procuratore – si rivolgevano anche degli imprenditori per risolvere i loro problemi. La Stidda operava come uno Stato nello Stato”.

“Organizzavano spedizioni punitive simili a sceneggiature televisive. Vedere certe immagini è stato forte anche per noi. Avevamo la sensazione di essere davanti a un set televisivo. In un’occasione prendono la testa di un soggetto e gliela sbattono al muro, in un’altra imbracciano il fucile e sparano dall’auto – rivela il capo della Squadra Mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi -. Quando alcuni imprenditori hanno trovato il coraggio di denunciare, accompagnati dal presidente dell’antiracket di Gela, abbiamo registrato gli incontri tra la vittima e i fratelli Di Giacomo. ‘Ti scanno’, ‘ti levo dal mondo’, queste le frasi che i fratelli usavano dire”.
OPERAZIONE PARALLELA A BRESCIA. Congiuntamente una maxioperazione della Guardia di Finanza e della Polizia ha portato a una settantina di arresti e sequestri per 35 milioni in diverse province d’Italia. Ad accertare l’operatività di una cosca mafiosa di matrice stiddara, con quartier generale a Brescia, che ha pesantemente inquinato diversi settori economici attraverso la commercializzazione di crediti d’imposta fittizi per decine di milioni di euro è stata la Procura della Repubblica di Brescia, Direzione Distrettuale Antimafia.
La Stidda, pur mantenendo le modalità mafiose, nell’agire quotidiano si è dimostrata capace di una vera e propria metamorfosi evolutiva, sostituendo ai reati tradizionali nuovi business, utilizzando quale anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori i colletti bianchi, i quali individuavano tra i loro clienti (disseminati principalmente tra Piemonte, Lombardia, Toscana, ma anche nel Lazio, Calabria, Sicilia) quelli disponibili al risparmio facile.
L’indagine – che per il suo spessore ha visto il supporto del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dello Scico della Guardia di Finanza – ha parallelamente disvelato anche numerosi reati tributari e fenomeni corruttivi.
“Sono complessivamente duecento le persone indagate nell’ambito di questa delicata inchiesta della distrettuale antimafia di Brescia durata due anni e nata nell’ottobre 2017”, ha  detto il procuratore capo di Brescia Carlo Nocerino.
“Il gip ha confermato l’impianto accusatorio emettendo 70 misure cautelari tra carcere e arresti domiciliari. Sono tre i filoni investigativi e il più importante è quello della criminalità organizzata con la contestazione del 416 bis a 13 soggetti legati al territorio di Brescia. C’è un’autonoma, strutturata e funzionale cellula della mafia gelese sul territorio di Brescia”, ha spiegato Nocerino.
“Tra l’inchiesta della Procura di Brescia e quella della Procura di Caltanissetta sono emerse due organizzazioni criminali di stampo mafioso separate”, ha detto ancora Nocerino. “Una separazione emersa dalle nostre indagini – ha proseguito -. L’organizzazione bresciana ha fortemente respinto un tentativo di abbordaggio della Stidda gelese. Un tentativo di bloccare la cellula bresciana che ha però resistito manifestando l’intenzione di mantenere la propria autonomia”.
GLI ARRESTATI .Con l’operazione antimafia contro la Stidda nissena “Stella cadente” la polizia di stato ha eseguito 33 ordinanze di custodia cautelare di cui 26 in carcere e 7 agli arresti domiciliari a carico di persone indagate a vario titolo per associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti e detenzione illegale di armi. Due persone sono ricercate.
Sono finiti in carcere: Bruno Di Giacomo, inteso “Marlon Brando”, gelese di 44 anni; Giovanni Di Giacomo, gelese di 47 anni, già detenuto; Giuseppe Alessandro Antonuccio, gelese di 39 anni, già agli arresti domiciliari; Giuseppe Antonuccio inteso “Pallina”, gelese di 33 anni; Mirjan Ajdini inteso “Emiliano o Puci”, albanese di 32 anni, già agli arresti domiciliari; Luigi D’Antoni, gelese di 54 anni; Vincenzo Di Giacomo, gelese di 52 anni, già detenuto in una casa di lavoro; Rocco Di Giacomo, gelese di 63 anni; Vincenzo Di Maggio, gelese di 30 anni; Giuseppe Giaquinta, gelese di 28 anni; Luciano Guzzardi, catanese di 55 anni; Emanuele Lauretta, gelese di 35 anni, già detenuto; Emanuele Lauretta, gelese di 41 anni; Rosario Marchese, calatino da sempre vissuto a Gela di 33 anni, già detenuto; Gaetano Marino, gelese di 35 anni; Giuseppe Nastasi, gelese di 35 anni; Nicola Palena, gelese di 37 anni, già detenuto; Gianluca Parisi, gelese di 36 anni; Alessandro Emanuele Pennata, gelese di 36 anni; Paolo Franco Portelli, gelese di 20 anni; Andrea Romano, gelese di 25 anni; Filippo Scerra, gelese di 44 anni; Alessandro Scilio, gelese di 39 anni; Massimiliano Tomaselli inteso “Emiliano”, gelese di 38 anni; Giovanni Traina, palermitano di 44 anni, trapiantato a Gela; Giuseppe Truculento, gelese di 51 anni.
Sono stati posti agli arresti domiciliari: Samuele Antonio Cammalleri, gelese di 32 anni; Giuseppe D’Antoni, gelese di 30 anni; Laura Cosca, gelese di 25 anni; Aleandro Famà, inteso Scarabeo, gelese di 23 anni; Benito Peritore, gelese di 43 anni, già detenuto; Calogero Daniele Infurna, gelese di 36 anni; Giuseppe Vella, palermitano trapiantato a Licata di 66 anni.
Sono ricercati Salvatore Antonuccio, inteso “orecchie di plastica”, gelese di 42 anni, e Gaetano Simone, gelese di 48 anni. L’ordinanza è stata eseguita dai poliziotti del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, della Squadra Mobile di Caltanissetta e del commissariato di Gela, con l’ausilio del Reparto Prevenzione Crimine e di Unità cinofile di Palermo e Catania e delle squadre mobili di Catania, Siracusa, Chieti, L’Aquila, Brescia e Cosenza.

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