Salvini chiude il Cara: “Bella giornata”

Il vicepremier a Mineo: "Risparmieremo tanti soldi. Stiamo lavorando per riconvertire il personale"

MINEO (CT) – “Alcune indagini hanno portato alla luce fattispecie evidenti di mafie non solo italiane, ma anche nigeriane che dal Cara di Mineo si sono allargate come potenza operativa dello spaccio su tutto il territorio. Adesso il Cara chiude ed è una bellissima mattinata…”. Così il ministro dell’Interno Matteo Salvini chiude l’esperienza del Cara di Mineo.
“Sul Cara – ha aggiunto il ministro, giunto a Mineo in tarda mattinata dopo essere stato a Caltagirone per l’inaugurazione dei nuovi locali del Commissariato di Pubblica sicurezza e del Distaccamento della Polizia stradale – siamo passati dalle parole ai fatti. Pensiamo già a cosa verrà al suo posto. Si recupereranno al presidio del territorio uomini e donne, si risparmieranno un sacco di quattrini: lavoriamo per ricollocare lavoratori, ma la Sicilia, Catania e Mineo non possono fondare il loro futuro sull’immigrazione. Oggi è un bel giorno per legalità che dedico ai due anziani massacrati”.
Il caso a cui ha riferimento il ministro Salvini, nella sua ‘dedica’, è quello del 18enne ivoriano Mamadou Kamara, ospite del Cara di Mineo, condannato, l’8 febbraio del 2019, all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Catania. I giudici, accogliendo la richiesta del Procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, lo hanno riconosciuto colpevole del duplice omicidio per rapina, commesso il 30 agosto 2015, nella loro villa di Palagonia di Vincenzo Solano, 68 anni, e di sua moglie Mercedes Ibanez, di 70. La donna, è la tesi dell’accusa, sarebbe stata anche violentata. L’ivoriano si è sempre proclamato innocente.
“Stiamo lavorando – ha poi proseguito Salvini – per riconvertire il personale. E’ un bel segnale. Chi pensa di fare business sull’immigrazione di massa, deve cambiare ragione sociale. E’ il segnale che parte da Mineo e rivolto a tutti. Il fenomeno è sotto controllo. Questa è la mia quinta visita al centro immigrati più grande d’Europa. Nella primavera del 2017 ebbi anche la buona idea di dormirci dentro per segnalare le condizioni della struttura. C’eravamo impegnati a chiudere quello che era un business da centinaia di migliaia di euro al giorno. Dalle parole siamo passati ai fatti”. Il futuro nell’accoglienza di migranti è “in centri più piccoli e più controllati per continuare ad assolvere i doveri che ha una comunità, e per fortuna i numeri sono in calo”. Al Cara di Mineo si spendevano “centomila euro al giorno che potranno essere utilizzati meglio e in altra maniera”.
“Torneremo all’economia reale – ha continuato il ministro – quella dell’agricoltura, del commercio, del lavoro e non quella del business dell’immigrazione. Sono orgoglioso di aver liberato questa terra da un problema. Qui i terreni agricoli e gli immobili valevano zero. Questa torna ad essere una parte di Sicilia e dell’Italia, dove le arance valgono perché sono arance e non perché vengono rubate dal primo balordo che esce dal Cara”.
IL DECLINO DEL VILLAGGIO VOLUTO DA BERLUSCONI E MARONI. L’idea di realizzare un “Villaggio della solidarietà” nel residence degli Aranci che ospitava militari Usa di stanza a Sigonella e i loro familiari “è venuta al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”, rivelò il ministro dell’Interno Roberto Maroni, in una conferenza stampa alla Prefettura di Catania il 15 febbraio 2011, dopo un sopralluogo nella struttura con l’allora premier. L’idea del governo, poi realizzata con un decreto del ministro dell’Interno del 30 marzo 2011, era quella di ospitare a Mineo circa 4mila richiedenti asilo nel Cara presente tra gli agrumeti della Piana di Catania. Al primo arrivo di “ospiti” una decina di sindaci si schierò, indossando la fascia tricolore, contro il trasferimento di migranti che erano sbarcati a Lampedusa.
Nella struttura, ritenuto il Centro accoglienza richiedenti asilo più grande d’Europa, di proprietà della Pizzarotti affittata allo Stato per ospitare richiedenti asilo ci sono state “punte” di presenze di migranti vicino alle 5mila persone. Nel Cara hanno lavorato diverse fino a 500 persone di persone, creando mille posti di lavoro nell’indotto. La sua apertura ha creato contrasti sul territorio tra chi sosteneva che la sua presenza era occasione, oltre che di integrazione, di sviluppo e occupazione e chi, invece, ne ha sempre chiesto la chiusura per motivi di sicurezza del territorio. Adesso i sindaci chiedono “una franchigia per la zona” dopo la chiusura del Cara. Il cui annuncio è contestato da centri sociali e associazioni di volontariato e umanitarie.
I FARI DELLA MAGISTRATURA SUL CARA. La struttura è stata al centro di “fari” accesi, ciascuno per propria competenza, dalle Procure di Caltagirone e di quella Distrettuale di Catania. Proprio oggi davanti alla terza sezione penale del Tribunale del capoluogo etneo era prevista un’udienza del processo per turbativa d’asta e falso nell’ambito dell’inchiesta sulla concessione dell’appalto dei servizi dal 2011 al 2014, nato da uno stralcio di “Mafia Capitale”. L’udienza è slittata al 4 dicembre per lo sciopero degli avvocati penalisti. Tra i 15 imputati anche l’ex sottosegretario Giuseppe Castiglione, in qualità di soggetto attuatore del Cara, che si è sempre proclamato innocente.

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