La Sea Watch guarda Lampedusa. Salvini: “Non la passerà liscia”

La nave della ong è al limite delle acque territoriali italiane con 52 migranti. Il ministro: "Giocano sulla pelle umana". Conte: "Più trasparenza"

ROMA – “Ciondolano nel Mediterraneo e giocano sulle pelle dei migranti, ma l’Italia non si fa dettare le regole dell’immigrazione da una Ong tedesca che usa una nave olandese fuorilegge. Non pensino di passarla liscia”. Matteo Salvini rinnova e rilancia a testa bassa le accuse contro Sea Watch, che da oltre 24 ore è al limite delle acque territoriali italiane, ad una quindicina di miglia da Lampedusa, dopo aver rifiutato il porto ‘sicuro’ di Tripoli che le autorità libiche hanno offerto per la prima volta da quando, ormai più di un anno fa, hanno istituito la propria zona Sar. E il ministro dell’Interno trova una sponda nel premier Conte che, da Malta dove partecipa al vertice dei paesi Ue del Mediterraneo, chiede “maggiore trasparenza da parte delle Ong” sottolineando che la Guardia costiera libica “ha già fatto diversi interventi”.
La situazione resta dunque di stallo anche perché l’unica certezza al momento è che i 52 migranti soccorsi martedì a 47 miglia dalle coste africane non torneranno in Libia. Non lo dice solo la Ong, ribadendo che in “un paese in guerra non esiste un porto sicuro”, ed esponendo a bordo della nave due striscioni con scritto ‘open ports, open hearts’: il monito ad evitare quello che, di fatto, sarebbe un respingimento collettivo, arriva anche dall’Ue.
“Tutte le navi con bandiera europea sono obbligate a rispettare il diritto internazionale e il diritto Sar in mare, che comporta la necessità di portare delle persone in un posto o porto sicuro. E la Commissione ha sempre detto che queste condizioni non si ritrovano in Libia”, sottolinea uno dei portavoce della Commissione ricordando però che Bruxelles non ha le competenze per dire dove una nave debba sbarcare i migranti. Salvini continua però a ribadire che i porti italiani “sono sbarrati”, chiede che la nave “vada verso il Nord Europa” e, soprattutto, confida sul fatto che “ci sono tutti i mezzi e gli strumenti legislativi necessari” per impedire l’ingresso della Sea Watch in Italia.
Il riferimento è ovviamente al decreto sicurezza bis, ma in realtà le cose non stanno, al momento, come dice il ministro. E lo dimostra il fatto che ieri è stato costretto ad emanare una direttiva ad hoc per tentare di fermare la nave. Il decreto, che prevede tra l’altro la possibilità di confiscare le navi in caso di reiterazioni delle violazioni e una sanzione fino a 50mila euro, non è infatti ancora entrato in vigore. Approvato martedì dal Cdm, il provvedimento è stato bollinato dalla Ragioneria ed è stato inviato in serata al Quirinale per la firma del presidente della Repubblica.
Si è trattato “solo un problema tecnico” nella relazione che accompagna il testo della norma ‘spazzaclan’, già risolto, dicono dal Viminale assicurando che entro domani il decreto dovrebbe essere in Gazzetta Ufficiale. Ma il dato di fatto è che allo stato quegli “strumenti legislativi” non sono ‘operativi’. Si vedrà alla fine chi sarà ad aprire i porti, ma la verità è che lo stesso Salvini sa bene che la Libia, oggi, non è un porto sicuro. E’ lui stesso ad ammetterlo quando chiede che l’Ue “si svegli e blocchi a terra le partenze, rendendo sicuro un porto libico sotto il controllo delle autorità internazionali”.

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