Mare Jonio, pm non convalida sequestro

L'imbarcazione aveva soccorso in acque internazionali un gruppo di migranti a bordo di un gommone

AGRIGENTO – La Procura di Agrigento non ha convalidato il sequestro preventivo della nave Mar Ionio, eseguito venerdì scorso d’iniziativa dalla Guardia di Finanza. L’imbarcazione aveva soccorso, in acque internazionali, un gruppo di migranti che viaggiavano su un gommone in avaria. I pm, però, hanno disposto il sequestro probatorio della nave: decisione finalizzata ad effettuare altri accertamenti. La notizia è confermata dal legale della Ong “Mediterranea”, Fabio Lanfranca.
La decisione dei pm fa ritenere che la Procura non abbia ravvisato la sussistenza dei gravi indizi richiesta dalla legge per il sequestro preventivo, ma che piuttosto i magistrati vogliano proseguire gli accertamenti per stabilire se il comandante della Mare Jonio abbia commesso il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina soccorrendo i migranti nelle acque internazionali. Nel decreto di sequestro la Finanza imputava alla Ong di non aver contattato le autorità libiche prima del salvataggio.
“Una pretesa insensata – aveva replicato Mediterranea – visto che stiamo parlando di un Paese in guerra dove cadono bombe e dove non ci sono interlocutori istituzionali”. Nelle prossime ore la Procura sentirà il comandante che ha iscritto nel registro degli indagati come atto dovuto dopo aver ricevuto la segnalazione della Finanza.
La decisione della procura di Agrigento è una decisione “importante perché la Guardia di Finanza su input del Viminale intendeva usare il ‘preventivo’ per bloccare la Mare Jonio e impedirgli definitivamente di reiterare il reato”, afferma Mediterranea Saving Human sottolineando che la scelta dei pm “è orientata dalla necessità di accertare i fatti e dunque di verificare attraverso un’indagine se vi sia o meno un reato”.
“Come sempre noi siamo pronti a fornire ogni elemento utile per accertare la verità, certi di avere sempre rispettato il diritto e i diritti, oltre che la dignità della vita umana, al contrario di chi – conclude Mediterranea – da posizioni istituzionali, si rende complice della morte in mare o della cattura e della deportazione di donne uomini e bambini verso i lager di un Paese in guerra come la Libia”.

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