Momo Challenge

Solo una bufala ma molte testate hanno trasformato questa leggenda metropolitana in un fenomeno virale

Momo Challenge”, il gioco del suicidio, è l’argomento del momento con tanto di servizi televisivi e comunicati di allarme sull’uso dei social media da parte di bambini e ragazzi che ne potrebbero venire a contatto con il rischio che le loro menti vengano plagiate e condotte a commettere il suicidio.
A portare il macabro messaggio sarebbe un altrettanto macabro volto, che un po’ ricorda la trasfigurazione dell’iconica figura femminile in The Ring.
Il suo nome è Momo, una faccia ghignante con capelli scuri e sporgenti occhi ipnotici: agghiacciante!
Il messaggio di Momo, che giunge all’improvviso, interrompendo la pace dei nostri ragazzi, come un allegato WhatsApp o nel mezzo di un video su YouTube è un messaggio di sfida a compiere atti sconsiderati come scomparire per 72 ore, prendere pillole, pugnalare o raggiungere la felicità con una corda alla gola che ti soffoca. Una sorta di danza col fuoco, eccitante, proibita e… letale.
Un fenomeno che ricorda molto da vicino Blue Whale che nel periodo 2015-2017 ha investito prima la Russia e poi il resto del mondo con casi acclarati di autolesionismo indotto.
I video di Momo erano già conosciuti in Italia dalla scorsa estate, circolando tra gli utenti di WhatsApp e Facebook, sollecitavano a mettersi in contatto per il gioco, seguiti da altre immagini violente e messaggi minacciosi con un fondo di ricatto, se il contatto non avveniva. Si pensava nascondessero in realtà un virus di spyware o comunque la volontà di carpire le informazioni personali dell’utente del dispositivo in uso.
Oggi?
Oggi Momo ritorna, segnalato anche su YouTube, ma è diventato, secondo la stampa sensazionalistica, “letale”.
Bene. Questo è il tipo di articolo che molte testate hanno confezionato per creare una notizia bomba capace di attirare per giorni l’attenzione dell’opinione pubblica.
In questo caso si può dire: meno male che è una “bufala”!
L’immagine è in realtà una scultura creata dalla società giapponese di effetti speciali, Link Factory.
Il vero titolo dell’opera è Mother Bird ed è stato esposto all’arte horror di Tokyo Vanilla Gallery.
momo
Ma poiché le immagini sono state condivise sui social media, la storia della sua origine è rapidamente diventata distorta e presto è stata associata al gioco.
Il gioco virale ha guadagnato grande attenzione dopo che una ragazza di 12 anni è stata trovata morta nel suo cortile vicino a Buenos Aires, in Argentina. La ragazza ha filmato con il proprio smartphone i preparativi del suicidio, trasmettendoli a qualcuno. Dopo aver esaminato il telefono della ragazza, la polizia argentina, ha fermato un diciottenne in contatto con lei mediante WhatApp e che sembrerebbe l’autore dei massaggi che hanno indotto la ragazzina a compiere il suicidio.
Dunque un atto pilotato da una persona in carne e ossa sotto la facciata del gioco di sfida Momo.
Ma è bastato associare ad un suicidio di una teenager il gioco per farne nascere un “caso” internazionale la cui fama è cresciuta di pari passo insieme al mistero e alla voglia di sensazionalismo.
Attivissimo.net, portale che ci racconta le “bufale del web”, illustra che questo gioco virale on-line è cresciuto su tante notizie di possibili coinvolgimenti in “brutte storie” che vedono protagonisti gli adolescenti, ingigantendo a mano a mano la propria aura di mistero, tanto che ad esempio si era cominciato a affermare che Momo potesse prendere contatto di notte prendendo possesso dello smartphone e computer per venire a uccidere nel sonno.
Nessun caso di morte (due sedicenni in India, una dodicenne e un sedicenne in Colombia) è stato ricollegato direttamente al gioco virale e soprattutto sono relativamente poche le notizie di contaminazioni dei video messaggi di Momo tra le chat frequentate dai ragazzi nei social media.

Di vero c’è che Momo Challenge propone un gioco terrificante ma la sua diffusione è assai più limitata di quello che i media ci fanno credere.
La risposta di YouTube il 27 febbraio in tarda serata ci tranquillizza. Smentisce categoricamente l’esistenza del Momo Challenge all’interno della piattaforma. Il social network ha ammesso di non aver trovato nulla che sia riconducibile alla minaccia, e ha affermato che i video sono sicuri per tutti gli utenti, anche per i più piccoli. Inoltre, ha aggiunto che tutti i contenuti sono accuratamente controllati e se venisse riscontrata qualche minaccia, questa sarebbe subito rimossa dal sistema.
Per quanto concerne i suicidi in età adolescenziale, bisogna riconoscere che suggerimenti e immagini di autolesionismo di fronte a bambini che sono già vulnerabili nell’autostima e ad altri problemi psicologici (comprese le tendenze suicide) può portare a un potenziale pericoloso ma che rientra nella sfera della suggestione psicologica.
Forse il miglior consiglio generale è che i genitori affrontino preventivamente tali questioni, non necessariamente soffermandosi su alcune voci specifiche, ma consigliando ai loro figli di essere responsabili e facendogli sapere che in loro posso trovare un aiuto, un interlocutore capace di confrontarsi, come abbiamo trattato nel nostro precedente articolo.
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