Trema Riscossione Sicilia: tre arresti. “Soldi e lavoro in cambio di favori”

Nel mirino avvocati e dipendenti infedeli delle sedi di Catania e Messina: l'accusa è di accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d'ufficio. Fiumefreddo: "Giustizia è fatta". I NOMI - FOTO - VIDEO

CATANIA – Tre persone sono state poste agli arresti domiciliari dal gip di Catania, su richiesta della locale Procura distrettuale, nell’ambito di indagini della guardia di finanza su professionisti e dipendenti ‘infedeli’ di Riscossione Sicilia. Per altri tre indagati sono state disposte misure interdittive.
Sono accusati, a vario titolo, di concorso in corruzione continuata, accesso abusivo a un sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio. Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono due avvocati catanesi, di cui uno già dirigente in pensione della Serit (oggi Riscossione Sicilia Spa), e tre funzionari attuali dipendenti dell’ente di riscossione regionale di Catania e Messina.
L’indagine è stata denominata ‘Gancio’. Agli arresti domiciliari sono stati posti: l’avvocato Sergio Rizzo, di 75 anni, pensionato già dirigente della Serit (oggi Riscossione Sicilia Spa), che, “seppur privo di autonoma posizione fiscale e contributiva, ha esercitato la professione legale anche presso il proprio domicilio”; suo figlio Settimo Daniele Rizzo, di 40 anni, avvocato civilista e tributarista che “collaborava con il padre nelle illecite attività”; e Claudio Bizzini, di 66 anni, già dipendente di Riscossione Sicilia in pensione, anch’egli sconosciuto al Fisco per la sua attività di consulente.
Disposta, inoltre, disposta la misura interdittiva della “sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio” nei confronti di tre funzionari di Riscossione Sicilia: Rosario Malizia, di 54 anni, addetto al settore contabilità versamenti e rendicontazione nella sede di Messina; Giovanni Musumeci, di 61 anni, responsabile delle procedure cautelari ed esecutive a Catania; e Matilde Giordanella, di 67 anni, addetta al settore notifiche a Catania.
Gli accertamenti sono scaturiti da uno degli esposti presentati dall’ex amministratore unico dell’ente, Antonio Fiumefreddo. “L’azione della magistratura catanese prova l’esistenza di una rete di corruzione a Riscossione Sicilia”, afferma Fiumefreddo. “Una rete potente e non solo catanese che ha avuto un ruolo, insieme ad altri, nella mia estromissione dalla partecipata che ho guidato per meno di due anni. Oggi giustizia è fatta, con l’auspicio che a Riscossione non si ricostituiscano gruppi e comitati per riportare tutto a come e peggio di prima”.
Oltre ai destinatari dell’odierno provvedimento cautelare, sono indagate altre 20 persone, compresi dipendenti pubblici di Riscossione Sicilia e di altre amministrazioni. Per loro la Procura di Catania aveva avanzato richiesta di misura interdittiva. Il Gip Giovanni Cariolo si è riservato di decidere dopo che li avrà interrogati.

Le indagini si sono basate su intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche, l’acquisizione di documenti in sedi di Enti pubblici e su accertamenti bancari. Hanno svelato “l’esistenza, all’interno dell’ufficio pubblico in questione, di un consolidato circuito clientelare gestito dall’ex direttore della Serit in pensione, Sergio Rizzo, ai domiciliari, che riusciva ad acquisire, attraverso ‘canali preferenziali’ alimentati dall’assoluta e costante disponibilità dei dipendenti di Riscossione Sicilia destinatari della misura cautelare, informazioni utili alla cura degli interessi della clientela dello studio del figlio Settimo Daniele, il tutto in violazione dei regolamenti interni all’Ente di riscossione regionale”.
Il tutto con tempi velocissimi rispetto ai ‘canali tradizionali’, grazie al pagamento oscillante tra i 15 e i 70 euro a ‘informazione’ da parte di dipendenti ‘infedeli’. E questo, in particolare, afferma l’accusa, nel periodo della ‘rottamazione delle proprie cartelle esattoriali che arrivavano “entro il termine fissato dalla legge” a svantaggio di altri contribuenti per “il rilevante numero di richieste giacenti”.
“Sergio Rizzo – ricostruisce la Procura di Catania – poteva contare sul totale asservimento dei dipendenti di Riscossione, Rosario Malizia e Giovanni Musmeci, i quali hanno beneficiato di varie utilità in denaro, della fornitura di beni e di posti di lavoro a vantaggio di propri familiari”.
Quando Rosario Malizia riceve tv e climatizzatori per un valore di 5.000 euro per un B&b di un familiare, al telefono, intercettato dalla Gdf, afferma di meritarsi il ‘dono’ in quanto, dice, “è il minimo che potesse fare dopo una vita… anni di sacrifici… di notte, di giorno, con l’acqua, con la neve.
L’impiego in un centro di fisioterapia per un familiare di Giovanni Musmeci dove avrebbe svolto un’attività di tirocinio per 4 ore giornaliere a fronte delle 6 ore che avrebbe falsamente attestato viene commentato così dal beneficiario: “Il miracolo lo ha fatto nel senso che, piuttosto che due anni, il tutto si riduce a un anno”.
Per la Procura dalle indagini del Pef della Gdf emerge che “alcuni funzionari di Riscossione Sicilia hanno, nei fatti, operato alle dipendenze di uno studio legale privato non servendo più l’interesse pubblico”.
Sono complessivamente 26 le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Catania nata dall’indagine ‘Gancio’ del Nucleo di Polizia economico-Finanziaria della Guardia di Finanza su presunti accessi illegali nelle sedi di Catania e Messina. Gli accertamenti sono scaturiti da uno degli esposti presentati dall’ex amministratore unico dell’Ente, Antonio Fiumefreddo. Oltre ai destinatari dell’odierno provvedimento cautelare, eseguito dalle Fiamme gialle, sono indagati altre 20 persone, compresi dipendenti pubblici di Riscossione Sicilia e di altre amministrazioni. Per loro la Procura di Catania aveva avanzato richiesta di misura interdittiva. Il Gip Giovanni Cariolo si è riservato di decidere dopo che li avrà interrogati.

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