Ispica, b&b fantasma pagato dall’Ue

Avevano richiesto i fondi comunitari per avviare un'attività turistica, ma il rudere ristrutturato era diventato la loro casa per le vacanze: denunciati due romagnoli

RAGUSA – Le fiamme gialle del comando provinciale di Ragusa, su disposizione della Procura regionale della Corte dei Conti di Palermo, hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro conservativo nei confronti di una società ispicese, operante nel settore ricettivo. La Gdf ha smascherato un abile tentativo di truffa ai danni del bilancio dell’Unione Europea, in merito alla riqualificazione di un immobile di pregio, sito in Contrada Marina Marza.
Le indagini, condotte attraverso l’adozione delle tecniche investigative di polizia giudiziaria più tradizionali e l’esame di documentazione contabile e bancaria, hanno permesso di dimostrare come due soggetti residenti in Emilia Romagna, proprietari di un rudere ad Ispica (zona Marina Marza), abbiano eseguito un’ampia ristrutturazione dello stabile, gravando illecitamente sul bilancio dell’Unione Europea. In particolare, è risultato che la ristrutturazione dell’immobile è stata realizzata grazie ad un finanziamento europeo di 200.000 euro stanziato dal Programma Operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007-2013 della Regione Siciliana, finalizzato alla creazione di una struttura ricettiva per la valorizzazione del turismo nelle riserve ad alto interesse naturalistico.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno consentito di constatare che, sebbene il soggetto giuridico richiedente il finanziamento e riconducibile ai proprietari dell’immobile, avesse percepito già parte del contributo europeo pari ad euro 160.000 ed avesse ultimato i lavori di ristrutturazione nel 2015, l’attività di “bed and breakfast” non è mai stata avviata.
La struttura, già ritenuta idonea dagli uffici preposti del Comune di Ispica per esercitare l’attività commerciale è stata invece utilizzata dai proprietari come dimora per le vacanze estive. Inoltre, la società beneficiaria del finanziamento, rappresentata legalmente da un soggetto prestanome, è risultata essere priva di patrimonio e di mezzi, creata al solo scopo di rendere inefficace l’atto di revoca della Regione Sicilia ed inapplicabili eventuali pignoramenti, finalizzati al risarcimento del contributo illecitamente percepito. Secondo i due imprenditori, sarebbe bastato un valido schermo societario, ovvero l’intestazione fittizia della società ad un soggetto terzo, per evitare conseguenze, ma così non è stato. Infatti, la Corte dei Conti, condividendo in pieno gli elementi probatori raccolti.

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