Quando due semplici passi valgono una vita

di Nuccio Sciacca - Storia di buona sanità all’ospedale di Ragusa

Per una paziente ricoverata in una Suap che significa “Speciali Unità di Accoglienza ai Pazienti” compiere atti, come camminare o mangiare che per tutti noi sono normalissimi e della cui normalità neanche ci accorgiamo, è invece un evento. Un ritorno alla vita. Sono i reparti dove sono ricoverati pazienti che hanno perso quasi completamente la loro autonomia e che, con scarsa sensibilità ma tanta obiettività, i media definiscono pazienti con sole funzioni vegetative.
Ma qualche volta le storie non sono già scritte e con tanta buona volontà dei pazienti ma anche degli operatori sanitari la vita può cambiare da un giorno all’altro e un passo può rappresentare il cambiamento. E’ così che alla direzione dell’Asp di Ragusa è arrivata una lunghissima e accorata lettera inviata per testimoniare “l’infinita gratitudine per l’assistenza sanitaria e umana fornita dalla Suap” – Speciali Unità di Accoglienza Pazienti – di Ragusa, di cui è responsabile Giovanni Ragusa.
A scrivere la lettera è stata la nipote di una signora ricoverata nella struttura, circa quattro mesi fa. Trasferita dalla Rianimazione dell’ospedale Civile di Ragusa, la paziente era arrivata dalla Rianimazione dell’ospedale di Canicattì con diagnosi di “insufficienza respiratoria cronica in ischemia cerebrale con ventilazione assistita”, fatta nell’agosto 2017.
La paziente L.P.G. di 74 anni, nel settembre dello stesso anno viene affidata alla Suap di Ragusa dove è curata e assistita fino a essere svezzata dal ventilatore e dall’alimentazione con sistema Peg – gastrostomia percutanea endoscopica – una sonda che viene inserita direttamente nello stomaco e che fuoriesce da un foro praticato sull’addome. Oggi è in grado di alimentarsi da sola e grazie alla riabilitazione funzionale mirata alle condizioni di fisiche la paziente è in grado di deambulare autonomamente solo con l’ausilio di un bastone.
“Tutto questo progresso – si legge nella lunga lettera – è stato possibile grazie alle figure professionali di cui si compone la Suap che hanno gestito splendidamente queste delicati fasi. Abbiamo incontrato medici, infermieri, Oss, fisioterapista, animatrice, logopedista, psicologa e i volontari dotati soprattutto di un’infinita umanità e sensibilità che hanno fatto sentire “a casa” mia nonna e che hanno dato conforto e speranza a noi parenti che, data la lontananza, non potevamo essere presenti giornalmente. La grande dedizione di questo personale va sicuramente segnalata e deve essere motivo di vanto e di orgoglio perché quando la professionalità si unisce all’umanità e rispetto, allora le cure fanno bene oltre al corpo anche alla mente e all’anima e questo lo sa bene mia nonna che lascia alla Suap un pezzo del suo cuore”.

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