Omicidio Cutuli, 24 anni ai due afgani

A Roma la sentenza. Il fratello della giornalista catanese: "Troppi 16 anni di attesa"

ROMA – La Corte di Assise di Roma ha condannato a 24 anni di reclusione i due afgani accusati dell’omicidio dell’inviata del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli, avvenuto il 19 novembre 2001.
La sentenza è stata emessa nei confronti di Mamur e Zar Jan, entrambi di etnia Pashtun, i quali hanno ascoltato il verdetto tramite video conferenza. Per l’agguato in cui morì la giornalista catanese i due afgani stanno scontando in patria rispettivamente rispettivamente 16 e 18 anni di reclusione.
La corte di assise di Roma ha inflitto ai due imputati anche il risarcimento danni ai familiari della giornalista e alla Rcs per 250 mila euro. A conclusione della requisitoria il pm Nadia Plastina aveva chiesto la condanna dei due imputati a 30 anni di reclusione ciascuno in quanto colpevoli di omicidio e rapina. Quest’ultima accusa si riferiva al furto, insieme con altri ancora non identificati, di una radio, un computer e di una macchina fotografica appartenuti a Maria Grazia Cutuli.
“E’ una fatica per noi familiari ripercorrere quella tragedia – ha detto Mario, fratello di Maria Grazia -. Per il resto siamo contenti che finalmente si sia chiuso il processo e che ci sia stata almeno una condanna che sembra confermare l’accusa e la dinamica di quello che è successo. E’ pazzesco che sia passato tanto tempo. E’ molto strano. Sappiamo tutti i problemi che ci sono però, è ovvio, è un sintomo di qualcosa che non funziona. Nessuno si era fatto troppe illusioni sul fatto che questo processo si sarebbe potuto risolvere presto in modo, per così dire, soddisfacente”. “Alla fine la sentenza ci sta anche bene. Per carità. Il problema è semplicemente che effettivamente per 16 anni continuare a ripercorrere quei momenti tragici di mia sorella è una cosa che comunque continua ad essere pesante”.
Con questa sentenza “si è dato valore al lavoro svolto da una giornalista italiana che ha rappresentato l’Italia all’estero portando avanti il diritto all’informazione per il suo Paese”, ha commentato l’avvocato Paola Tullier, legale della famiglia Cutuli.
“Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza. Certo è che i profili di diritto e di fatto da approfondire sono tantissimi”, dice l’avvocato Valentina Bevilacqua, legale di Mamur, uno degli imputati. “Riteniamo che questa sentenza, pur rispettandola – ha aggiunto l’avvocato Bevilacqua – e, ci tengo a dirlo con forza, essendo vicino alla famiglia della giornalista, non renda giustizia”. Sia il legale di Mamur, così come l’avvocato Francesco Cutrona, difensore dell’altro imputato Zar Jan figlio, hanno anticipato che ricorreranno in appello.

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