Saro il rivoluzionario fa un passo indietro e lascia il cerino alla coppia Renzi-Orlando

Luca Ciliberti. Verso le regionali. Crocetta si ritira, non senza rimpianti, dalla corsa a Palazzo d'Orleans in nome dell'unità del centrosinistra: "Un atto d'amore". Si apre la strada per il Senato. Il segretario Pd venerdì a Catania.

Verso le regionali Via a Micari, il Pd convoca la direzione regionale

 

 

Alla fine Saro il rivoluzionario saluta e se ne va, giocando la partita politica perfetta, dalla prima apparizione con il megafono in mano del 2012 alla mesta uscita dal Nazareno di oggi. Il suo mandato terminerà a scadenza naturale e lui lascerà Palazzo d’Orleans senza un avviso di garanzia e orgoglioso della sua “legalità”. Ed è già una notizia visti gli ultimi presidenti della Regione che lo hanno preceduto.
Il centrosinistra ha scelto di non ricandidarlo. “Lascio con un bilancio positivo la Regione che cresce il doppio dell’Italia” sottolinea. Ma oggi, formalmente, è stato lui a fare un passo indietro dopo un tira e molla durato mesi. “Una scelta di responsabilità” spiega Rosario da Gela, dopo che per settimane ha cercato di raccontare in tutte le lingue (Crocetta ne parla correntemente sei, arabo compreso) che per vincere in Sicilia occorre l’unità dell’intera area moderata e progressista.
Un rapporto di odio e amore con il suo Pd che, tra correnti e divisioni interne, in Sicilia non ha mai dato all’opinione pubblica l’impressione di essere compatto. Allora via agli slogan per stare in campo nonostante tutto. “Riparte Sicilia” con le nove stelle quasi a voler scimmiottare i grillini. E anche “La Sicilia ai siciliani” su quei manifesti apparsi notte tempo nelle città dell’Isola. E infine “Liberi”. Tra l’uno e l’altro la richiesta delle primarie (sempre rispedite al mittente dai vertici regionali del partito), fino ad arrivare fuori tempo massimo.
L’idea era quella di dare forza alla base del partito, fare scegliere ai gazebo se lui avesse il diritto o no a provare a governare la Sicilia per un secondo mandato. “Nei sondaggi ho la stessa percentuale di cinque anni fa, quando poi ho vinto” continua a ripetere.
Convivenza difficile quella tra Crocetta e il Partito Democratico, dove in mezzo c’è sempre il stato il suo Megafono. “Farò le liste alle regionali e al Senato” confessa alla fine dell’incontro romano con Matteo Renzi e con il segretario regionale Fausto Raciti. E quelle liste faranno da termometro all’impegno che tutto “il clan della legalità” metterà in campagna elettorale, sposando a malincuore (ubi maior) quel “modello Orlando” mai realizzato a livello regionale perché rimasto orfano della sinistra radicale. Il “campo largo” era già diventato troppo stretto.
Il centrosinistra ha trovato la quadra con Fabrizio Micari, quel candidato civico inventato a tavolino da Leoluca Orlando, Salvatore Cardinale e Carlo Vizzini “in nome della discontinuità dalla fallimentare esperienza del precedente governo”, nonostante in piazza, da oggi fino al 5 novembre, bisognerà esaltare i risultati dell’attuale governo. Chiamatelo, se volete, bipolarismo imperfetto.
Micari non scontenta nessuno, è uno che, al contrario di Crocetta, non ha una storia politica e personale ingombrante. Non è un politico. E forse è questo l’aspetto che meno convinceva Saro da Gela a mettersi da parte, infatti a tutti i tavoli di confronto spiegava che affidarsi al civismo di un perfetto sconosciuto non era la strada giusta per una coalizione che per cinque anni ha avuto in mano il governo e la gestione della Sicilia.
Per tutta risposta Crocetta si è beccato tre picche (no alla ricandidatura, no alle primarie, no al candidato politico) con l’aggravante di essere additato come il punto di rottura di tutto il centrosinistra qualora avesse scelto di continuare da solo la ricorsa al secondo mandato. E allora perché andare avanti, avrà pensato il presidente della Regione in carica. Meglio un passo indietro con vista su Palazzo Madama. “Il mio è un atto di amore: non sono uno sfascista” ci tiene a precisare. Nessun ticket, né per lui né per i suoi fedelissimi. E nonostante tutto “resto nel Pd, senza odio né livore”.
Adesso il cerino acceso è nelle mani di Matteo Renzi (o di Leoluca Orlando) in una partita che in Sicilia, per il centrosinistra, sembra tutta in salita. Proprio il segretario nazionale del Pd, venerdì, darà di fatto il via da Catania alla campagna elettorale del rettore “palermocentrico” Fabrizio Micari, con Saro il rivoluzionario che starà li, un passo indietro. “Perché io non sono uno sfasciatutto”.
Twitter:@LucaCiliberti
Luca Ciliberti

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