Catania, attacco a ‘Penna bianca’

La Gdf sequestra due ditte ad Antonio Tomaselli, uno dei capi della mafia etnea. L'autorimessa in centro usata per i summit. Dalle estorsioni al libro mastro: tutti i passi dell'ascesa del boss. VIDEO - FOTO

CATANIA – La guardia di finanza di Catania ha sequestrato due attività commerciali per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro, ritenute di proprietà del 53enne Antonio Tomaselli, detto “penna bianca”, reggente della famiglia Ercolano in carcere dal novembre del 2017.
Il patrimonio è costituito da “Etnea Autoservizi & C. S.A.S.”, con sede al centro di Catania, in via Cimarosa, attiva dal 1977 nel settore “autorimesse e garage”; “Conti Calcestruzzi S.R.L.S.”, con sede a Misterbianco, che fabbrica prodotti in calcestruzzo per l’edilizia, attiva dal 2016 e già in amministrazione giudiziaria.

Tomaselli è stato più volte, a partire dal 2002, imputato per la sua partecipazione a Cosa nostra etnea (clan Santapaola-Ercolano) e destinatario nel 2011 di una misura di prevenzione personale.
La sua carriera criminale inizia con una condanna in primo grado a cinque anni di reclusione per associazione mafiosa tra il 2002 e il 2004 e prosegue con la contestazione di una serie ripetuta di tentate estorsioni aggravate dal metodo mafioso.
Con l’operazione “Chaos”, eseguita nel 2017 dai carabinieri, a Tomaselli viene riconosciuto il ruolo di responsabile operativo della famiglia Santapaola-Ercolano nonché, nello stesso periodo, di aver perpetrato una tentata estorsione di una società cliente della “Conti Calcestruzzi”, di cui è l’effettivo titolare. L’impresa vittima viene costretta a rifornirsi del calcestruzzo prodotto dall’azienda mafiosa a un prezzo più alto rispetto a quello offerto dalle concorrenti, dovendo sottostare anche a uno scarso livello qualitativo del cemento venduto.
Negli anni 2014 -2016, Tomaselli è ancora artefice di estorsioni aggravate dal metodo mafioso che gli vengono contestate in due distinti procedimenti penali. Nell’operazione “Pizzini” del Gico di Catania del luglio 2018, Tomaselli con Aldo Ercolano e Rocco Biancoviso (alter ego di Tomaselli nel territorio di Scordia) era destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per aver compiuto un forzato recupero di crediti ai danni di un’impresa catanese del settore dei trasporti.
Sono molteplici e convergenti le dichiarazioni di più collaboratori di giustizia sulla figura di Tomaselli, anche noto con il soprannome di “capelli bianchi”, dichiarazioni che ne descrivono, nei dettagli, la militanza ininterrotta nelle fila di Cosa nostra nonché la sua ascesa ai vertici del clan.
Non mancano nemmeno ripetute frizioni con diverse frange del clan Santapaola, che in più occasioni cercano di uccidere Tomaselli per la sua manifestata ambizione di ritagliarsi maggiori spazi di autonomia. Anche il garage di via Cimarosa (oggi in sequestro) viene notoriamente ritenuto da più collaboratori un’azienda mafiosa gestita da Tomaselli e dal padre e spesso anche sede ideale per lo svolgimento di summit tra affiliati.
Pare che Tomaselli partecipasse, con funzioni di responsabilità via via crescenti, a più incontri mafiosi finalizzati essenzialmente a dirimere le controversie che insorgevano con altri clan quali i Nardo e i Mazzei per la spartizione dei proventi derivanti dalle estorsioni. Inoltre era costante punto di riferimento dei responsabili dei gruppi Santapaola- Ercolano di San Giovanni Galermo, Paternò e Ramacca, Lineri e il gruppo della Stazione, ai quali impartiva direttive per l’acquisto di armi e stupefacenti.
La sua consacrazione al vertice, come accertato in seno all’indagine “Chaos”, si manifestava con la simbolica consegna alla sua responsabilità della “carta” ovvero del “libro mastro” nel quale veniva annotata la contabilità della famiglia mafiosa.
Sulla base dunque di tutti questi elementi il tribunale etneo ha ritenuto Tomaselli soggetto gravato da pericolosità sociale qualificata in quanto esponente organico di Cosa nostra nell’arco temporale che va dal 2002 al 2017.
Al descritto profilo è, tra l’altro, corrisposta una rilevante e costante “sproporzione” nell’arco temporale preso in considerazione (2009-2017) delle attività economiche possedute, da Tomaselli e dalla sua cerchia familiare, rispetto ai redditi esigui dagli stessi dichiarati al fisco.
Per quanto riguarda l’autorimessa, costituita negli anni Settanta dai genitori e la cui proprietà nel 2006 venne divisa tra il padre e i figli (tra i quali lo stesso Antonio), lo storico immobile inizialmente in affitto per un canone mensile di 3.000 euro venne acquistato dalla famiglia attraverso una locazione finanziaria stipulata nel 2005, in un periodo nel quale Tomaselli iniziava la sua ascesa nel clan mafioso.
Il perfezionamento della locazione finanziaria si realizzava con un versamento iniziale di oltre 300 mila euro da parte della famiglia Tomaselli, con il pagamento di un canone mensile (poi rinegoziato) di circa 9.000 euro e con un riscatto finale di 350 mila euro che sarebbe stato versato nel 2024.

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