Talpa caso Zamparini, perquisita casa gip

Palermo. Fuga di notizie sulla richiesta di arresto dell'ex patron rosanero: finanza nell'abitazione del giudice Cesare Vincenti

PALERMO – L’ultimo capitolo del caso Zamparini porta al palazzo di giustizia di Palermo dove si nasconderebbe, secondo gli inquirenti, la talpa che avrebbe fatto sapere all’ex patron rosanero che su di lui pendeva una richiesta di arresto per riciclaggio. La Guardia di Finanza, su delega dei pm nisseni, competenti visto che nella vicenda sono coinvolti magistrati palermitani, ha perquisito oggi la casa del presidente dell’ufficio gip del capoluogo Cesare Vincenti e lo studio del figlio Andrea, avvocato con un incarico legale nel club di via del Fante. Sono entrambi indagati per corruzione.
Il giudice risponde anche di rivelazione di segreto d’ufficio. L’ipotesi accusatoria è che Vincenti, che dirigeva l’ufficio che avrebbe dovuto decidere della misura cautelare, avrebbe fatto arrivare la notizia all’imprenditore friulano. Si cerca di capire se tra la fuga di notizie e l’incarico ricoperto dal figlio di Vincenti in seno alla società ci sia un nesso. Se cioè ci si trovi davanti a un episodio di corruzione. A insospettire gli inquirenti, che poi girano tutto ai colleghi nisseni, è l’intercettazione di una conversazione tra Zamparini e l’allora presidente del Palermo Giovanni Giammarva. Quest’ultimo, a maggio scorso, chiede all’ex patron un appuntamento e vola in Lombardia per incontrarlo. Il giorno dopo Zamparini lascia ogni carica nel Palermo.
Una scelta che obbliga poi il gip incaricato di decidere la misura, Fabrizio Anfuso, a rigettare la richiesta di arresto essendo venute meno le esigenze cautelari. Solo un caso o la reazione alla notizia che stavano per arrestarlo? I pm stanno cercando di capirlo. L’imprenditore evitò il carcere ma finì ai domiciliari mesi dopo. Le indagini da cui tutto parte, avviate quasi tre anni fa coinvolgono anche il figlio di Zamparini, la segretaria Alessandra Bonometti, cinque professionisti e Giammarva accusati, a vario titolo, di false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza della Co.Vi.So.C., sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Quando le carte da Palermo arrivano a Caltanissetta il quadro si complica e finiscono indagati anche il giudice Giuseppe Sidoti, nel collegio che aveva respinto la richiesta di fallimento del club nel frattempo presentata dalla procura. Avrebbe pilotato la sentenza in cambio di favori per l’amante ricevuti da Giammarva. A riprova dei rapporti tra quest’ultimo e Sidoti la Finanza cita anche la raccomandazione chiesta dal giudice fallimentare all’ex presidente, genero di Maria Falcone, presidente della Fondazione che del fratello porta il nome, per fare entrare la classe del figlio alle cerimonie organizzate per l’anniversario della strage di Capaci. Oggi le Fiamme Gialle hanno acquisito nella sede della Fondazione l’elenco delle scolaresche che presero parte alla commemorazione.
“L’attività rientra in una indagine che non riguarda in nessun modo la fondazione. Vogliamo sottolineare poi che, se le condizioni di sicurezza lo consentono, la Fondazione cerca sempre di venire incontro alle richieste di partecipazione alla cerimonia del 23 maggio provenienti da tutte le scuole siciliane, proprio per dare l’opportunità a tutti i ragazzi che lo desiderino di presenziare alla manifestazione”, replica la Fondazione in una nota.

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