La Sea Watch salva 52 migranti

La nave sarebbe intervenuta in zona Sar libica. Salvini accusa la Ong: "Sono pirati, utilizzeremo il decreto sicurezza bis"

ROMA – Il salvataggio di una cinquantina di migranti al largo della Libia da parte di Sea Watch e le accuse di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee all’Italia per la politica dei porti chiusi e la “criminalizzazione” di chi soccorre coloro che scappano dalla Libia, aprono un nuovo scontro tra le Ong e Matteo Salvini.
“E’ una nave pirata. Non vediamo l’ora di usare i nuovi strumenti del decreto sicurezza bis” dice il ministro dell’Interno che punta alla confisca dell’imbarcazione della Ong tedesca qualora facesse rotta verso l’Italia, si disinteressa della richiesta ufficiale dell’Unhcr al governo italiano di “riconsiderare” e “rivedere” un provvedimento che “penalizzerebbe i soccorsi in mare” e annuncia la chiusura entro luglio del Cara di Mineo, il più grande centro per rifugiati presente in Italia che oggi ha 152 ospiti ma che è arrivato ad accogliere oltre 4mila persone.
Il gommone con a bordo 52 migranti, tra cui donne e bambini piccoli, è stato avvistato a 47 miglia al largo di Zawiya in mattinata dal Colibrì, uno degli aerei dei piloti volontari che collaborano con le Ong e che ha immediatamente avvisato sia le autorità competenti sia la Sea Watch 3.
“La cosiddetta guardia costiera libica successivamente comunicava di aver assunto il coordinamento del caso”, dice la Ong tedesca sostenendo però che una volta arrivata in zona la Sea Watch 3 non ha trovato “alcun assetto di soccorso”. Dunque ha recuperato i migranti “come il diritto internazionale impone”. Tutto il contrario di quello che dice Salvini: la nave “è intervenuta in zona Sar libica, anticipando la Guardia Costiera di Tripoli pronta ad intervenire e già in zona” e “disobbedendo alle indicazioni di chi coordina le indicazioni di soccorso”. Un comportamento che, qualora la Sea Watch 3 puntasse sull’Italia, porterebbe la Ong a rischiare la confisca della nave, visto la precedente violazione del divieto di ingresso nelle acque territoriali in occasione dello sbarco del 19 maggio scorso a Lampedusa, e una multa pesante.
L’articolo 2 del decreto sicurezza bis stabilisce infatti che in caso di violazione del divieto di “ingresso, transito o sosta in acque italiane” è prevista una sanzione da 10mila a 50mila euro e, “in caso di reiterazione” della violazione, la confisca. Ma non solo: il ministro torna ad attaccare, pur senza mai nominarlo, il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio che proprio la settimana scorsa ha dissequestrato l’imbarcazione. “Quella è una vera e propria nave pirata – ribadisce – a cui qualcuno consente di violare ripetutamente la legge”.
L’ultima polemica è con Sos Mediterrenee e Msf, che ad un anno dal primo atto della politica della chiusura dei porti – il divieto di approdo per l’Aquarius con a bordo 600 persone poi sbarcate a Valencia – diffondono i dati sulle vittime nel Mediterraneo proprio a partire da quella data: almeno 1.151 persone, mentre altre 10mila sono state riportate forzatamente in Libia.
“Ringrazio gli amici delle Ong – è la risposta ironica che arriva da Salvini – perché i loro numeri certificano che la politica dei porti chiusi significa meno morti”. E poi aggiunge: “c’è più di un dubbio” che quei numeri siano reali, ma “anche a volerli prendere per buoni, allora significa che con Salvini il cattivo” i morti sono calati di un terzo rispetto al 2017, quando furono 3.139, e di un quinto rispetto al 2016, quando l’Unhcr ne contò 5.096.

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