Sea Watch davanti a Lampedusa

A bordo ancora 47 migranti, già sbarcate donne e bambini. Salvini: "Finché ci sono io non si entra"

ROMA – Sea Watch sfida apertamente Matteo Salvini violando il divieto del ministro dell’Interno di oltrepassare il limite delle acque territoriali e si ferma a poche centinaia di metri da Lampedusa, chiedendo di poter entrare in porto per “ragioni umanitarie”. “Finché io sono ministro dell’Interno, quella nave in un porto italiano non entra” replica il titolare del Viminale che però si trova a dover fronteggiare anche l’attacco frontale dell’Onu al decreto sicurezza bis che lunedì vorrebbe portare in Consiglio dei ministri. Il testo, scrive il capo delle Special procedures dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani Beatriz Balbin in una lettera indirizzata al ministro degli Esteri Moavero tramite l’ambasciatore all’Onu, “è potenzialmente in grado di compromettere i diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo e le vittime o potenziali vittime di detenzione arbitraria, tortura, traffico di esseri umani e altre gravi violazioni dei diritti umani”.
La decisione di forzare la mano il comandante della Sea Watch 3 Arturo Centore la prende di prima mattina dopo un consulto con l’equipaggio e con i medici a bordo. La decisione del Viminale di autorizzare venerdì lo sbarco dei soggetti più vulnerabili, le famiglie con i bambini (17 persone di cui 7 minori) e una donna con ustioni gravi, ha infatti gettato nella disperazione i 47 rimasti a bordo. “Sono in una condizione psicologica negativa – dice Karol, una delle volontarie del team medico – si sentono privi di valore, come se a nessuno importasse di loro. Sono stati privati dei loro diritti”.
Una situazione che, assieme “al mal di mare e all’assenza di speranza e prospettive, sta rendendo le persone davvero vulnerabili”. Tanto che alcuni di loro avrebbero minacciato di suicidarsi se non verrà autorizzato lo sbarco. “Alcuni dicono di volersi auto infliggere delle ferite o addirittura suicidare pur di far finire questa situazione” conferma Karol, la cui conclusione è una sola: “dal punto di vista medico la situazione non è affatto buona, stiamo mantenendo un equilibrio molto fragile e precario”. Dunque prua verso Lampedusa, nonostante la diffida ribadita anche stamattina dalla Gdf. E’ Giorgia Linardi, la portavoce italiana della Ong tedesca, a metterci la faccia per rendere ufficiale la decisione.
“Il comandante è entrato nelle acque territoriali italiane e si dirige verso Lampedusa per ragioni umanitarie – dice in un video – le condizioni a bordo, stando alle valutazioni di medici ed equipaggio, supererebbero le motivazioni che hanno portato al diniego, viste le condizioni meteo, con un’onda di tre metri e vento in aumento, e le condizioni psicofisiche delle persone a bordo”. La nave non è però entrata in porto: la Guardia Costiera ha ribadito il divieto d’attracco e ha assegnato un punto di fonda a mezzo miglio a sud dell’isola. E lì rimarrà, secondo Salvini.
“La Sea Watch ha disubbidito alle indicazioni di Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza. Non può uno Stato farsi dettare le regole dai complici dei trafficanti di esseri umani. Se riaprissimo i porti, come vogliono in Parlamento e spero non al governo, ricomincerebbero a morire i migranti”. Un messaggio diretto soprattutto ai cinquestelle e al premier nella quotidiana guerra dialettica tra gli alleati di governo e che poco dopo fonti del Viminale rilanciano con parole diverse: “se qualcuno non è d’accordo” al divieto di sbarco, “si prenda la responsabilità pubblica di dirlo e di autorizzarlo”.
E se chiamasse il premier Conte? “Non vedo perché dovremmo aiutare degli scafisti, mi auguro che nessuno di dica cosa fare anche perché se qualcuno mi chiama per farli sbarcare io dico no”.

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