Nave “Mare Jonio”, indagato Casarini

Lampedusa. Per l'ex no global l'accusa è di concorso nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e rifiuto d'obbedienza a navi militari

LAMPEDUSA (AGRIGENTO) – Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e mancato rispetto dell’ordine di arrestare l’imbarcazione da parte di una nave da guerra: sono i due reati per i quali Luca Casarini, l’ex storico leader dei Disobbedienti e capo missione della Ong “Mediterranea Saving Humans”, è indagato dalla procura di Agrigento che conduce l’inchiesta sulla nave Mare Jonio, avvicinatasi alla costa di Lampedusa – dove poi sono stati fatti sbarcare i migranti che aveva soccorso – nonostante un iniziale divieto della Guardia di finanza.
Per concorso negli stessi reati era già stato iscritto nel registro degli indagati Pietro Marrone, che ha risposto alle domande dei magistrati ricostruendo le fasi del soccorso, mentre Casarini è stato oggi ascoltato per oltre sette ore, ma solo in qualità di testimone, presso la brigata della Guardia di finanza di Lampedusa. Durante la deposizione-fiume – davanti al procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e al pubblico ministero Cecilia Baravelli – Casarini ha però reso dichiarazioni indizianti per se stesso e, come prevede il codice, l’esame è stato interrotto. Il capo missione di Mediterranea è stato già convocato per la prossima settimana in procura, a Agrigento, dove verrà ascoltato in qualità di indagato, alla presenza dei suoi avvocati.
E sempre come prevede il codice avrà possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere. A Casarini e Marrone i pm contestano il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per avere soccorso 50 migranti al largo della Libia e il rifiuto di obbedienza a nave militare, previsto dal codice della navigazione, per non avere spento i motori come avevano chiesto i finanzieri quando con i pattugliatori hanno affiancato la Jonio in navigazione verso il porto di Lampedusa. Secondo Mediterranea, che oltre al comandante della nave sia indagato anche il capomissione è una “prassi normale”, perché i due “condividono le decisioni che vengono prese a bordo”.
E l’inchiesta della procura di Agrigento, aggiunge l’Ong, è “una straordinaria occasione per dire cosa accade nel Mediterraneo”. “Stiamo dando tutta la nostra collaborazione – afferma la portavoce Alessandra Sciurba – perché è una grande occasione per fare chiarezza. Non siamo noi che violiamo i diritti ma chi ha fatto gli accordi con la Libia, chi riporta i migranti in Libia, chi ha permesso che la Libia avesse una zona Sar pur non essendo riconosciuta come un porto sicuro”

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