Catania: il boss comandava dal carcere, arrestato pure il figlio neomelodico

Trecentomila follower: ecco chi è 'Z'

Imponevano la security alle discoteche: decapitati i vertici del clan legato ai Santapaola-Ercolano. Il capo era Maurizio Zuccaro, padre del cantante "Andrea Zeta"

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FOTO: in manette 'Franco 'u sceriffo' e 'Melu 'u pisciaro'

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CATANIA – Su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Catania, la polizia ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 14 presunti appartenenti al gruppo di San Cocimo legato al clan Santapaola-Ercolano. Nell’operazione ‘Zeta’ undici sono stati arrestati, due provvedimenti sono stati notificati in carcere e uno dei destinatari è irreperibile.

Nei loro confronti il Gip ha ipotizzato, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, usura, detenzione e porto illegale di armi e reati in materia di stupefacenti, contestando anche l’aggravante mafiosa.

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania hanno consentito di delineare l’organigramma e di decapitarne i vertici del gruppo di San Cocimo. Le investigazioni, tra l’altro, hanno permesso di portare alla luce episodi di estorsioni, l’imposizione del servizio di security in locali notturni di Catania ed episodi di intestazione fittizia di beni.
Il boss Maurizio Zuccaro, ritenuto elemento apicale della ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano, continuava a gestire dal carcere il suo gruppo, quello di San Cocimo a Catania, tramite la moglie, Graziella Acciarito, e i due figli, Rosario e Filippo, cantante neomelodico detto “Andrea Zeta”.  Tra gli arrestati la moglie, i due figli del boss e anche Luigi Gambino, ritenuti i capi del gruppo, e Angelo Testa, cugino di Maurizio Zuccaro.
Il capomafia, secondo quanto emerso dalle indagini, tramite i suoi familiari “continuava a impartire ordini ai propri accoliti, acquisendo anche quote di partecipazione in attività economiche che venivano intestate a prestanome” come avvenuto per un ristorante del lungomare Ognina.
Inoltre il gruppo avrebbe costretto il gestore e l’amministratore di una nota discoteca a versare la somma di 3.000 euro e ad assumere loro familiari e appartenenti al sodalizio come addetti alla sicurezza nel locale notturno.
Un episodio che ha fatto nascere contrasti con esponenti del clan mafioso Cappello-Bonaccorsi, rappresentati da Salvatore Massimiliano Salvo, che avevano contatti precedenti con la discoteca.
Le indagini sul gruppo erano state avviate nel giugno del 2016, dopo un tentativo di estorsione al titolare di un parcheggio nella zona dell’aeroporto di Catania che al telefono era stato minacciato: “Abbessa (prepara, ndr) 100.000 euro, se no facciamo saltare tutto in aria, oppure cercati l’amico!”.
La polizia, tramite intercettazioni, era risalita agli autori, Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza, e che l’estorsione era gestita dal gruppo di San Cocimo. A Rosario Zuccaro la Procura contesta anche il reato di usura aggravata: è accusato di avere prestato a un commerciante, in due soluzioni, 4.000 euro, al tasso mensile del 10%.
GLI ARRESTATI. In manette nell’operazione Zeta: Maurizio Zuccaro, 58 anni, già detenuto; Rosario Zuccaro, 37 anni; Filippo Zuccaro, 34 anni, alias “Andrea Zeta”; Luigi Gambino, 52 anni, inteso “Gino ‘u longu”; Angelo Testa, 50 anni, sorvegliato speciale; Carmelo Giuffrida, 51 anni, inteso “Melu ‘u pisciaru”, sorvegliato speciale; Francesco Ragusa, inteso “Francu ‘u sceriffu”; Michele Colajanni, 53 anni; Giuseppe Verderame, 65 anni, già sottoposto agli arresti domiciliari; Simone Giuseppe Piazza, 23 anni, già detenuto; Giovanni Fabio La Spina, 34 anni. Sono stati disposti gli arresti domiciliari per Graziella Acciarito, 55 anni, e Michela Gravagno, 35 anni.

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