“Sistema Siracusa”, cadono altre pedine

Indagine pm messinesi: arrestato l'imprenditore piemontese Ezio Bigotti, presidente gruppo Sti, e l'ex tecnico Eni Massimo Gaboardi

MESSINA – Hanno riempito pagine di verbali raccontando il sistema corruttivo con cui per anni si sono assicurati il controllo di decine di inchieste e sentenze. Tangenti e regali, magistrati a libro paga, imprenditori pronti a tutto pur di sottrarsi alle indagini: il racconto di una giustizia malata a cui oggi si è aggiunto l’ultimo capitolo. A scriverlo sono due legali siracusani: Piero Amara e Giuseppe Calafiore che, dopo l’arresto di un anno fa, hanno cominciato a collaborare coi magistrati svelando un giro di corruzione che coinvolgeva giudici del Consiglio di Stato e del Cga siciliano ed ex pm di Siracusa.
Protagonista delle loro ultime rivelazioni è l’imprenditore piemontese Ezio Bigotti, finito oggi ai domiciliari per corruzione in atti giudiziari. L’inchiesta, condotta dalla procura di Messina, a carico di Bigotti, presidente del gruppo STI e aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip), ha ricostruito una serie di illeciti commessi dai due avvocati con la complicità dell’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo e di alcuni consulenti della Procura aretusea. Grazie all’intervento dell’ex pm, Bigotti avrebbe ottenuto l’archiviazione di un’indagine per reati tributari aperta a suo carico. L’inchiesta, inizialmente nata a Torino, venne prima spostata a Roma e poi a Siracusa.
L’avvocato Amara avrebbe comunicato a Longo che il fascicolo stava arrivando al suo ufficio. I due avrebbero concordato la nomina di consulenti ad hoc che avrebbero “aiutato”, con perizie di favore, il magistrato ad archiviare l’indagine. Calafiore ha raccontato ai pm che per la vicenda Bigotti, aveva ricevuto da Amara 20mila euro da dare al pm Longo in quattro mazzette da 5mila euro con banconote da cinquanta euro. L’ex magistrato, che nel frattempo ha patteggiato una condanna a 5 anni per corruzione, avrebbe ritirato il denaro, messo in una busta, nel suo bagno privato in Procura.
Bigotti sarebbe stato “aiutato” anche in sede tributaria all’esito della richiesta di voluntary disclosure avanzata da una società del suo gruppo in relazione ad accertamenti dell’Agenzia delle Entrate. L’inchiesta ha anche fatto luce su una complessa operazione giudiziaria pianificata dall’avvocato Amara, e realizzatasi grazie alla complicità di Longo, finalizzata ad ostacolare un’indagine svolta dalla Procura di Milano nei confronti degli ex vertici dell’Eni. In questo ambito, per falso ideologico è finito ai domiciliari l’ex tecnico petrolifero Massimo Gaboardi.

scroll to top