Battisti, 4 omicidi e una vita in fuga

Terrorismo, rapine, arresti e le estradizioni andate a vuoto

ROMA – Dopo la cattura è ormai questione di ore l’estradizione in Italia di Cesare Battisti, che avviene ad un mese dall’ordine di arresto disposto dal Supremo Tribunale Federale brasiliano nei suo confronti il 14 dicembre. L’ex terrorista dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, è stato condannato per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. Battisti si è sempre dichiarato innocente.
Nato a Cisterna di Latina il 18 dicembre 1954, la sua è una vita segnata da mille peripezie, fughe, colpi di scena. E richieste di estradizione partite da Roma e andate in fumo. Nei primi anni ’70 abbandona la scuola e inizia la carriera criminale. Nel 1972 il primo arresto per una rapina a Frascati e due anni dopo per rapina con sequestro di persona a Sabaudia. Nel ’76 si trasferisce a Milano e partecipa a varie azioni criminali. Viene arrestato di nuovo, sempre per rapina, e rinchiuso nel carcere di Udine dove conosce Arrigo Cavallina, ideologo dei Pac. In questi anni partecipa alle azioni del gruppo eversivo, che gli costeranno un’altra volta la libertà. Nell’ambito del processo per l’omicidio Torregiani viene condannato nel ’79 a 13 anni e 5 mesi: detenuto nel carcere di Frosinone, nel 1981 evade grazie ad un assalto dei terroristi. La giustizia va comunque avanti e nell’85 lo condanna in contumacia all’ergastolo per vari reati legati alla lotta armata e per i quattro omicidi, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991.
La fuga, nel frattempo, lo aveva portato prima in Messico, dove rimane circa una decina d’anni, e poi in Francia nel 1990. L’anno successivo parte dall’Italia la prima richiesta di estradizione, ma Parigi dichiara non estradabile Battisti, che nel frattempo Oltralpe ha intrapreso anche una carriera come scrittore di noir. Sono anni in cui la Francia, con lo scudo della ‘dottrina Mitterand’, si mostra molto morbida con terroristi latitanti. La seconda richiesta per estradarlo è nel 2004: Battisti viene arrestato il 10 febbraio a Parigi sempre su richiesta delle autorità italiane. Ma in Francia si scatena una campagna in suo favore sostenuta dagli intellettuali della gauche e il 3 marzo Battisti viene scarcerato. Il 30 giugno successivo dopo l’udienza per l’estradizione, la corte d’appello francese dà il via libera: Battisti ricorre e perde. La cosa sembra fatta, ma il 14 agosto è l’ultima volta in cui lui si presenta a firmare in commissariato, come previsto dalle misure nei suoi confronti, poi si rende irreperibile. Scatta quindi un mandato di arresto.
E il 23 ottobre il primo ministro francese firma il decreto di estradizione in assenza del condannato, latitante. Lui nel frattempo è fuggito in Brasile, dove si sposerà e avrà tre figli: il 18 marzo 2007 viene arrestato a Copacabana con la cooperazione dell’antiterrorismo italiano. Parte la terza richiesta di estradizione. Ma il Brasile gli riconosce lo status di rifugiato politico. E nel novembre 2009 il Supremo Tribunal Federal, pur a favore dell’estradizione, lascia la decisione finale all’allora presidente Lula, che il 31 dicembre 2010, ultimo giorno del suo mandato, annuncia il suo ‘no’. Battisti esce dal carcere. Il 3 marzo di cinque anni dopo una sentenza decreta la sua espulsione dal Brasile per via di una storia di documenti falsi con cui, a suo tempo, era entrato nel paese dalla Francia e riprende quota l’ipotesi di un rientro in Italia. Ma l’espulsione viene annullata e tutto si ferma di nuovo. Fino al tentativo di fuga in Bolivia e al nuovo arresto il 4 ottobre 2017. Parte la macchina dei ricorsi e 3 giorni dopo Battisti è di nuovo in libertà.
“Non stavo fuggendo, mandarmi in Italia è illegale, se mi estradano mi consegnano alla morte”, dichiara lui che nel frattempo rilascia interviste. Le cose però cambiano. In Brasile tira ormai un’altra aria. L’11 ottobre il presidente Michel Temer revoca l’asilo politico. Jair Bolsonaro, esponente dell’ultradestra, già in campagna elettorale promette di estradare immediatamente Battisti se verrà eletto, cosa che avviene. E il 13 dicembre Luis Fux, magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf), ordina l’arresto dell’ex terrorista per “pericolo di fuga” in vista proprio della possibile estradizione, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Temer prima dell’insediamento di Bolsonaro il primo gennaio 2019. Battisti fugge ancora, in Bolivia, fino all’epilogo di ieri per le vie di Santa Cruz de la Sierra.

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