Uccide il figlio scaraventandolo a terra: “Non volevo, avevo la mente oscurata”

Catania. Il piccolo di 3 mesi è morto dopo il ricovero in ospedale. La madre 26enne aveva riferito di una caduta accidentale. La Procura: "Deve essere curata". Il padre: "Un incidente"

CATANIA – La polizia di Catania ha arrestato la 26enne F. V. S. per la morte del figlio di soli tre mesi, F. L. L’avrebbe prima scosso con veemenza e poi, lanciandolo al suolo e sbattendolo più volte, ne ha provocato la morte.
Il piccolo il 14 novembre scorso era stato portato al pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro di Catania e poi, da qui, presso l’unità di rianimazione pediatrica dell’ospedale Garibaldi Nesima di Catania, dove veniva ricoverato in prognosi riservata per la presenza di un imponente ematoma nella regione parietotemporale destra con numerose emorragie sparse su tutto l’ambito retinico.
Nonostante tutte le cure, il piccolo morì il giorno dopo. Al ricovero la madre del bambino aveva riferito che il figlio si era fatto male cadendole accidentalmente dalle braccia a causa di una spinta che si era dato da solo.
Successivamente, si è accertato che la caduta del bambino non era stata accidentale, ma che era stata la madre a scaraventarlo a terra con forza. Il gip ha accolto la richiesta della misura custodiale per omicidio aggravato dall’avere agito contro il discendente. “La 26enne ha agito di certo al fine di ucciderlo, non può in nessun modo ritenersi corrispondente al vero neppure quanto dalla stessa riferito in ordine alla assenza di volontà omicida ai danni del neonato”, scrive il gip Giuseppina Montuori.
“Avevo la mente oscurata e non so spiegare cosa è successo, ma sicuramente non volevo uccidere mio figlio, non ho mai pensato di ucciderlo perché io lo amavo”, ha detto la giovane madre nell’interrogatorio davanti ai pm. Ai magistrati, ricostruisce il suo legale, l’avvocato Luigi Zinno, la donna ha detto di “essersi sentita male” e che la sua intenzione era di “gettarlo sul letto e non per terra”.
L’omicidio è stato commesso in casa della nonna paterna della 26enne che non è sposata e che al figlio aveva dato il proprio cognome. E’ stata lei stessa, rivela il suo legale, l’avvocato Luigo Zinno, a chiamare aiuto. Sono arrivati subito sua nonna, che ha 85 anni, e suo padre e a loro ha detto che il piccolo gli era scivolato dalla mani ed era finito a terra.
“Quel giorno stava male – aggiunge il penalista – e aveva chiamato suo padre, che era al lavoro, per dirgli se poteva tornare a casa. La signora aveva avuto un’infanzia dolorosa per la morte della madre, che ha perso quando aveva 11 anni. Quando è rimasta incinta è andata a vivere con la nonna”.
Secondo l’avvocato, la 26enne ha sofferto di “una grave forma di depressione post partum, che ha aggravato la sua condizione di persona fragile psicologicamente”. Per questo il padre le aveva fissato degli incontri con specialisti, ma lei non sarebbe andata.
“La ragazza non evidenzia alterazioni delle funzioni cognitive, ma l’affettività appare molto disturbata”, emerge da una prima, e non esaustiva, consulenza neuropsichiatrica sulla donna disposta dalla Procura di Catania, in cui si sottolinea anche la “necessità di cure e contenimento opportuni per prevenire peggioramenti e complicanze”.
Nell’indagata, si legge nella consulenza, è “presente uno stato depressivo espresso con inibizione psicomotoria, appiattimento emotivo e assenza di risonanza emotiva alla realtà circostante”. Ed è per questo che “sollecitata sui vissuti di madre” la 26enne fornisce “risposte stereotipate senza alcuna coloritura affettiva” e “non manifesta disperazione per la perdita o per la colpa”.
In difesa della 26enne si schiera il padre: “E’ stato un incidente, mia figlia amava tanto suo figlio, lo ha voluto con tutte le sue forze. Ha avuto un parto complicato, rimanendo ricoverata per 10 giorni dopo la nascita del piccolo. Aveva già sofferto da piccolo per la perdita della madre. Era depressa e io avevo prenotato una visita specialistica per lei”.

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